Bonanni: “Meno tasse sul lavoro, più produttività e merito”
RAFFAELE BONANNI
di RAFFAELE BONANNI*
Si è giunti al lavoro povero per circa un milione di lavoratori, perché i soggetti del lavoro, le istituzioni e la politica non hanno custodito le condizioni minimali a che non degradasse insieme al salario dei 25 milioni di lavoratori dipendenti. Così una porzione del lavoro italiano, seppur piccola, è esposta fortemente. E come capita sovente in situazioni di grave ritardo, il rischio è quello di scegliere terapie sbagliate dando alimenti ad ulteriori guai.
Per questa ragione si spera che questo tema si ponga al riparo dalle strumentalizzazioni che hanno già concorso a distorcere i dati del fenomeno. Purtroppo si sono prospettate già soluzioni che oltre ad essere non risolutive, ci condurrebbero ad indebolire il sistema contrattuale attraverso cavalli di troia che scoraggeranno gli imprenditori a contrattare con i lavoratori, compromettendo la coesione sociale prodotta dalla collaborazione dei soggetti del lavoro nelle loro autonome determinazioni.
La verità è che si vogliono coprire errori e sciatterie passate che hanno visto tutti i soggetti svolgere male il proprio compito. Ad esempio Landini non sorveglia la contrattazione di alcune delle sue federazioni di categoria, ma pensa che dovranno essere politica ed istituzioni a togliergli le castagne dal fuoco.
Dal canto loro, le istituzioni, in assenza di un presidio sociale efficiente vengono più facilmente piegate o alla inattività, oppure diventano più permeabili a pratiche degenerative riguardo alle attività amministrative legate agli appalti, concessioni, convenzioni ed autorizzazioni che hanno ricadute disastrose sulle retribuzioni dei lavoratori.
La politica dal suo canto, in un terreno così accidentato, esaspera il guaio per farne solo terreno di scontro con la parte avversa per perseguire i suoi disegni politici generali; e lo fa con la ”politique d’abord”.
Ed ecco perché, pur in presenza di direttive Ue che raccomandano all’Italia solo buone pratiche giacché al contrario degli altri Paesi ha una copertura contrattuale nazionale a più del 90%, l’opposizione comunque pretende una legge che fissi la paga lorda oraria di 9 euro per tutti. Con la legge, è come se si sparasse un colpo di cannone per uccidere un ratto, incuranti dei devastanti effetti collaterali. Infatti con i minimi orari tabellari decisi in un Parlamento influenzato dal populismo che spesso volge più verso Caracas anziché verso una Democrazia liberale, offriremmo la stura ad ogni operazione demagogica.
Sarebbe un colpo mortale alla contrattazione in un Paese fatto di piccole imprese che preferirebbero sfuggire alle attività contrattuali, alleggerendo buste paghe e diritti sindacali. Le imprese così disporrebbero di una copertura legale minima di fronte al giudice nel caso di contenzioso con il lavoratore, e mani libere per paternalistici superminimi ed altre eventuali concessioni.
Stamane si terrà l’incontro tra il presidente Meloni e l’opposizione sul salario povero, e c’è da sperare che il buon senso porti a decidere a come utilizzare regolamenti e leggi che possono essere gestiti per la salvaguardia del salario. Si sa che chi è incappato nel salario povero, sono impiegati come guardie giurate, nei servizi alla persona, in edilizia, nei sub appalti delle municipalizzate e nel pulviscolo dei servizi convenzionati e di concessione degli enti locali ed enti pubblici di ogni genere, attraverso cooperazione pallida quando non truffaldina.
Basterebbe mettere le mani in questo macrocosmo tutto governato dalla politica, che però spesso sfugge a controlli e statistiche e dove ogni tanto si scoprono patti opachi tra chi concede l’appalto o concessioni e convenzioni, per far tornare alla luce i denari che talvolta prendono i sotterranei della cattiva politica ed invece garantire ai lavoratori salari giusti. Come basterebbe che l’Inps si occupasse di segnalare buste paga sospette per intervenire risolutamente.
Se si ha dunque voglia di far sul serio, si abbandoni il depistaggio propagandistico e si facciano cose serie e comprensibili. Si avrà più tempo e motivazioni da dedicare ai 25 milioni di lavoratori italiani che risultano i peggio pagati d’Europa e dintorni. E la motivazione risiede alle situazioni su descritte da cambiare: meno tasse sul lavoro, politiche friendly per il salario di produttività e per il merito.
*ex segretario generale Cisl
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