Attualità

Boldi: “L’Italia deve tornare a ridere. Basta tragedie”

di Edoardo Sirignano -

MASSIMO BOLDI COMICO E TEO TEOCOLI ARTISTA


di EDOARDO SIRIGNANO

“Basta tragedie! L’Italia deve tornare a ridere”. A dirlo Massimo Boldi, attore e produttore cinematografico.

Come procede quest’estate?

È anomala. L’età avanza, ma i nonnini, come me, non mollano. L’allegria non viene mai meno. Quella deve esserci sempre, anche nei momenti più difficili.

Sta già lavorando a un nuovo progetto?

Non ho mai smesso di pensare a nuovi progetti. La vera sfida, dopo il Covid, è riprendere quota tra la gente che ritiene non sia importante andare al cinema. Deve tornare nelle sale. Questa è la forza che mi spinge a continuare quanto ho fatto per tanti anni.

Anche le vacanze sono cambiate?

L’Italia è diventata troppo cara. Detto ciò, ci si diverte lo stesso. Al posto di fare un lungo periodo si opta per uno più corto. Siamo un popolo che siamo sempre stati bravi ad arrangiarci. Sappiamo rimboccarci le maniche. Siamo ottimisti per natura.

La morte di Berlusconi, certamente, ha rappresentato la fine di una generazione?

Nessuno si aspettava la scomparsa del presidente. Quando cammino per strada tante persone mi fermano e mi sussurrano: “Mamma mia come si stava bene negli anni di Silvio”. Non dicono una bugia. Berlusconi non è solo un politico, un imprenditore, un personaggio fuori dal coro, ma uno spaccato del Paese. Rappresenta, per molti, l’Italia che grazie ai sacrifici riusciva a realizzare un sogno. Ci sarebbe bisogno di profili come il Cav. A mio parere, non può essere paragonato a nessuno.

Neanche a Giorgia Meloni? La premier può diventare l’erede?

Non sono un esperto di politica. Meloni, però, ha le capacità per portare avanti un progetto. Il ricambio generazionale è sempre una cosa buona.

La regola vale pure per il grande e piccolo schermo. Vede qualche talento emergente?

C’è qualche ragazzo milanese che trovo carino e simpatico, ma non abusiamo della parola talento.

Quale consiglio si sente di dare a un ragazzo?

Provarci sempre. Altrimenti si ferma tutto. Questo vale anche per la comicità. Con tutto il gruppo milanese, abbiamo sempre portato avanti un certo genere per quaranta anni. Se non ci sono, però, nuove promesse, anche il nostro lavoro rischia di essere gettato al vento. È come vedere Sanremo senza nuove proposte.

Perché è così difficile un ricambio generazionale tra i comici?

Non riusciamo a capirci, ad avere gli stessi gusti. Stiamo parlando, comunque, di un problema che non riguarda solo questo mondo.

Occorre probabilmente adattarsi ai tempi…

Con Cristian De Sica abbiamo cercato di raccontare lo specchio del Paese di anno in anno. Adesso, però, abbiamo un’altra età. Siamo nonni alla riscossa.

Ha mai pensato insieme a De Sica di istituire una scuola delle risate?

Sarebbe un progetto interessante. In tv, purtroppo, vengono proiettate solo alcune tipologie di cinema. Ho fatto tanti film, ma sul piccolo schermo ne vedo solo alcuni. Gli altri non so dove siano andati a finire. Forse un giorno lo scoprirò.

Nell’Italia che ha superato la pandemia e oggi combatte con l’inflazione, c’è ancora voglia di divertirsi?

Sempre! Quando vado a spasso in qualsiasi posto, da Nord a Sud, mi fermano le persone, soprattutto ragazzi. Le nuove generazioni non dovrebbero conoscermi e invece mi chiedono di lavorare per loro. Sentono il bisogno di quella spensieratezza, che siamo riusciti a trasmettere ai loro familiari più grandi. Sono soddisfazioni. Siamo un popolo, dobbiamo ricordarci, che sa divertirsi con poco. Basta parlare di eccessi.

Questa parola viene usata soprattutto per le nuove generazioni…

Il mondo è cambiato, non mancano le novità. In ogni cosa, però, c’è il bello e il brutto. Questo vale, ad esempio, per la tecnologia. Vedo i miei nipoti che per mangiare hanno bisogno del telefonino e questa cosa, ad esempio, mi fa molto ridere. Allo stesso tempo gli dico di stare attenti.

Che rapporto ha con i suoi nipoti?

Fantastico! Sono i miei bambini.

Tra qualche giorno ritornerà a Sestri Levante, una delle mete preferite di quella che una volta era la Milano da bere. Cosa significa quest’appuntamento?

È un posto straordinario, che mi ricorda le estati magiche. Il Golfo dei Poeti lo conosco benissimo. Quando facevo il batterista di Gino Paoli, che aveva in gestione il casinò di Levanto, ogni notte era speciale. Ritornare a trenta chilometri da quella location, è una gioia indescrivibile.


Torna alle notizie in home