Dietro i dazi Usa una bilancia commerciale in profondo rosso
epa11873664 A business flies an American flag alongside a Mexican flag as communities take part in the 'A Day Without Immigrants' nationwide movement, in Houston, Texas, USA, 03 February 2025. Numerous businesses across the United States, including Houston, shut their doors on 03 February, so that workers stayed home and urged consumers not to shop. EPA/CALLAGHAN O'HARE
E’ il protezionismo, bellezza: dietro i dazi di Trump c’è la necessità Usa di riequilibrare una bilancia commerciale in rosso. In fondo, il nuovo presidente non s’inventa nulla: solo adotta una strategia diversa rispetto a quella, magari più sottile ma ugualmente efficace, varata dal suo predecessore dem Joe Biden. L’Unione Europea, allo stato attuale, sembra aver individuato nel settore dei Big Tech, delle major digitali, il comparto da colpire come eventuale ritorsione nei confronti degli Stati Uniti d’America. Intanto, ligia a se stessa, Bruxelles annuncia una stretta sui “pacchi” in arrivo dalla Cina. Replicando, in Europa, ciò che Trump ha già fatto negli Usa ossia colpire l’e-commerce cinese. Tanto sul fronte doganale, abbattendo il regime de minimis, tanto fermando, fisicamente, i pacchi già pronti per essere inviati all’origine. Una casualità, assicura il commissario al commercio e alla sicurezza economica Maroš Šefčovič. Un passo avanti, chissà quanto richiesto da Washington, lungo la strada della ricomposizione della frattura. Che è nei numeri. Non potendo agitare, per l’Europa, lo spettro del Fentanyl, Trump si fa forte delle cifre. Il disavanzo commerciale tra Usa e Ue è pari, secondo i dati Eurostat riferiti al 2023, a 155,8 miliardi di dollari ed è a favore di Bruxelles. Si tratta di numeri importanti, che risultano in linea con quelli che hanno indotto la Casa Bianca a minacciare dazi al Canada (il dato si assesta a 102,8 miliardi) e Messico (157 miliardi nel 2024 e, al conto finale, manca il mese di dicembre). Ben diverse le cifre, invece, che raccontano il dislivello commerciale tra Usa e Cina: in ballo c’è un disavanzo, a favore di Pechino, pari a 279,4 miliardi (dato 2023). Numeri che, chiaramente, vanno contestualizzati: da un lato parliamo delle due più grandi economie mondiali, dall’altro siamo di fronte a una cifra che risulta in contrazione, di ben 32,3 miliardi, rispetto all’anno precedente. Segno che le politiche protezioniste messe in campo da Biden hanno già iniziato a funzionare. E a riequilibrare la bilancia commerciale Usa.
I Big Three europei sono la “solita” Germania (che ha esportato beni per poco meno di 158 miliardi di dollari), l’Irlanda (export da 51,6 miliardi ma da ridimensionare considerando la forte presenza di multinazionali Usa sul suo territorio) e l’Italia. Il “nostro” export è risultato superiore persino a quello della Francia: 67,3 miliardi circa di euro. Dall’America, però, importiamo molto meno: in tutto merci per un valore stimato in poco più di 25,1 miliardi per un disavanzo (a favore dell’Italia) superiore ai 42 miliardi di euro. Di poco inferiore, il dato italiano, a quello di un Paese immenso come è l’India. New Delhi vanta “appena” 46 miliardi di dollari di surplus ma non è entrata nemmeno per un attimo nella discussione sui dazi. Eppure era stato proprio Trump a mettere all’indice l’India bollandola come il “regno dei dazi”. Ma la vicenda ha preso una strada diversa. E non solo per una questione di numeri. Ma per un paio di ragioni, entrambe squisitamente politiche. La prima riguarda l’apertura del governo guidato da Narendra Modi alle aziende americane con l’abbattimento di tariffe all’import (come è accaduto, per esempio, per Harley Davidson che ha potuto finalmente mettere piede su uno dei mercati più ricchi e potenzialmente redditizi del globo). La seconda, invece, afferisce alla necessità, da parte degli Usa, di coltivare i rapporti con una potenza che potrebbe fare da contraltare a quella cinese nell’area asiatica.
Se un “piccolo” Paese come l’Italia vanta un surplus commerciale di poco superiore a quello di un altro, sterminato e in crescita, come l’India, viene naturale iniziare a temere gli eventuali contraccolpi. Trump ha un problema, così come ce lo aveva Biden prima di lui. Ossia quello di riequilibrare la bilancia commerciale che, nel 2023, era in perdita per ben 773 miliardi di dollari. Numeri, però, già in discesa rispetto al dato 2022 quando il disavanzo era addirittura superiore di altri 177,7 miliardi. Tra tante voci discordanti, e troppo spesso orientate, emergono le analisi di chi, come l’Ufficio parlamentare di bilancio, teme che l’impatto “delle nuove politiche protezionistiche” degli Usa potrebbe rivelarsi “considerevole” su un’economia che cresce poco o, comunque, meno di quanto si sperasse. Al punto che lo stesso Upb ha aggiornato le stime Pil: +0,7% nel 2024, +0,8 per l’anno in corso. Secondo l’analisi Svimez a pagare di più, in termini di export, sarebbe il Sud. Basti pensare che, come rivela lo studio, “la quota Sud dell’export italiano destinato agli Usa si attesta al 12,4%, superiore di circa due punti alla quota verso il mondo”. Percentuale che “in alcuni settori specifici, come Automotive ed Elettronica-Informatica”, sale fino a raggiungere il 28,4% mentre “nell’Agrifood, il dato si attesta al 22,6%, per le esportazioni della Farmaceutica il contributo del Sud è pari all’11,2%, sugli Energetici, oltre il 64% delle esportazioni italiane verso il mercato statunitense registra come provenienza una regione del Mezzogiorno”. Un prezzo da pagare salato per il Sud e per l’Italia. Ma gli Usa hanno una bilancia rotta e faranno di tutto per aggiustarla.
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