Biden sanziona Putin ma colpisce l’Europa
Stati Uniti e Regno Unito colpiscono ancora una volta la Federazione Russa con un pacchetto di sanzioni che punta a tagliare il flusso di miliardi di dollari incassati ogni mese che finanziano “la macchina bellica del Cremlino” in Ucraina. Pubblicato a dieci giorni esatti dalla fine del mandato di Joe Biden alla Casa Bianca e dieci giorni dopo lo stop ucraino al gas russo in Europa, il nuovo provvedimento contro Mosca rischia di innescare una spirale di rincari dei prezzi dell’energia a livello globale. La mossa di Biden va a colpire duramente gli incassi del Cremlino legati al petrolio, che sono aumentati del 30 per cento nel corso del 2024, sfiorando i 9,2 trilioni di rubli (89,4 miliardi di dollari). È il maggiore incasso dal 2018. Almeno secondo i calcoli dell’agenzia Bloomberg, basati però sui dati del ministero delle finanze russo pubblicati di recente. I proventi da prodotti petroliferi grezzi e raffinati hanno rappresentato l’83 per cento delle entrate totali russe da idrocarburi. Ma come è possibile, viste le sanzioni, vi chiederete: ebbene, l’incremento degli incassi è dovuto all’aumento dei prezzi petroliferi e al fatto che, nonostante sia venduto a sconto a causa delle sanzioni, il greggio russo continua ad essere comprato in grandi quantità. Le spedizioni verso l’Europa sono state in larga parte dirottate verso Cina ed India. Ora però, con il pacchetto di sanzioni contro la flotta di “petroliere ombra” (circa 183 navi) sinora utilizzata da Mosca e che, solo l’anno scorso, ha consentito di spedire all’estero 530 milioni di barili di greggio, le cose potrebbero cambiare. Ma inevitabilmente le sanzioni colpiranno anche l’Europa: venerdì le quotazioni del Brent hanno guadagnato il cinque per cento, superando la soglia psicologica di 80 dollari a barile. È il livello più alto degli ultimi tre mesi. Gli speculatori stanno scommettendo sulla crisi energetica. In Italia a lanciare l’allarme è Confcommercio, chiedendo misure immediate a livello europeo per evitare la crisi energetica, in particolare il tetto massimo per il gas. Nell’ultimo anno la spesa media per l’energia è aumentata del 35 per cento rispetto al 2019. Un rincaro insostenibile per famiglie e aziende. Già il mancato rinnovo da parte di Kiev per il transito del gas russo ha fatto schizzare il valore dei future sul gas naturale europeo di oltre il quattro per cento, a 51 euro per megawattora, il livello più alto dall’ottobre 2023. Sarebbe ingenuo pensare che non sia in atto una speculazione, ma il danno è reale: le sanzioni riducono la disponibilità di petrolio sul mercato, e questa operazione ha, come effetto, un aumento dei prezzi e quindi dell’inflazione. Anche se non è escluso che una volta insediato il presidente Usa Donald Trump revochi le sanzioni contro la Russia, ma non prima di aver ottenuto il cessate il fuoco. In tale ottica, la mossa di Biden potrebbe essere vista come un ricatto per portare il presidente russo Vladimir Putin al tavolo delle trattative. “Aggiunge una pressione significativa sulla Russia senza che vi siano le impronte digitali di Trump”, dice un ex funzionario statunitense della Casa Bianca al Wall Street Journal. Neanche a dirlo, il ricatto energetico si consuma sulle spalle degli europei mentre gli Usa ne usciranno ancora una volta rafforzati, aumentando le esportazioni di energia, in particolare di Gnl (che ci costa molto di più di quello non liquefatto). L’unica prospettiva positiva è che forse Trump riuscirà a porre fine al conflitto in tempi non troppo lunghi, limitando quindi i danni sul fronte economico.
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