Attualità

Bertolt Brecht, il teatro come lotta ai totalitarismi

di Redazione -


di MICHELE ENRICO MONTESANO
La recitazione ha avuto grandi maestri, che hanno lasciato in eredità dei metodi o un modo diverso di intendere il Teatro. Stanislavski, Brecht, Brook, Artaud, Grotowski ma anche Strasberg, Adler, Meisner, Čechov e Hagen. Uno di loro in particolare, con la sua arte e il suo metodo – che persiste ancora oggi – ha combattuto il regime nazista: Bertolt Brecht. Uno dei più importanti drammaturghi del secolo scorso, nasce ad Augusta il 10 gennaio del 1898. Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale aveva 16 anni: si arruolò nell’esercito e le esperienze maturate in guerra lo influenzarono molto, già nei suoi scritti giovanili c’è un’accesa critica alla guerra e alle sue conseguenze. È del 1917 (o 1918) la poesia Legende vom toten Soldaten (La Leggenda del Soldato Morto) pubblicata nel 1922. Un soldato deceduto, per volere del Kaiser, viene riesumato, giudicato idoneo dalla commissione e spedito al fronte. Un anno dopo la pubblicazione, il suo nome viene iscritto nella lista nera degli autori di Hitler. Si stabilì a Berlino e ci soggiornò fino all’esilio, nel 1933. Sono anni in cui si avvicina alle avanguardie e alle ideologie marxiste. Con le elezioni del 1930, dove il Partito Nazionalsocialista si era affermato come seconda forza parlamentare, le cose iniziarono a complicarsi: era tenuto costantemente d’occhio e considerato un personaggio scomodo e pericoloso. Con la fine della Repubblica di Weimar, terminò anche la sua permanenza in Germania. Nell’aprile del ’33 tutti i suoi libri furono inseriti nella lista nera del regime e il 10 maggio bruciati nel Bücherverbrennung di Opernplatz a Berlino. Due anni dopo, il regime gli revoca anche la cittadinanza, Brecht diventa così un apolide. Rientrò a Berlino, nella Repubblica Democratica Tedesca, solo nel 1948 dove si spense il 14 agosto del 1956 per problemi cardiaci. Il merito di Brecht è quello di aver rivoluzionato il Teatro tradizionale con il suo nuovo Teatro epico. Nato come una sintesi del Teatro popolare, basato principalmente sull’intrattenimento su vasta scala – in Germania risente delle influenze naturalistiche francesi del secolo precedente e per questo si fa portavoce della miseria nuda e cruda della classe operaia – e del Teatro politico, che aveva come scopo l’elevazione culturale ma senza indottrinare il pubblico con ideologie, tuttalpiù cercava di stimolarlo attraverso la formazione di nuove idee autonome. Già i Lehrstücke possono essere considerati come primo esempio di Teatro epico. Composti tra gli anni ’20 e ’30, i Lehrstücke “dramma didattico”, presentano in forma embrionale grandi novità che caratterizzeranno la poetica di Brecht: la musica, spezzoni cinematografici, cartelli e striscioni. Capaci di catturare il pubblico con un linguaggio semplice e comprensibile ma anche di coinvolgere chi lo recitava. Citando Castri, i Lehrstücke erano pensati “non tanto agli spettatori, quanto a quelli che li recitavano”. Scritti non solo per la messinscena ma anche per costruire dei dibattiti diretti con il pubblico. Lo spettatore era visto in rapporto orizzontale, contribuendo allo spettacolo stesso. Un’opera che ci aiuta a comprendere il Teatro epico è senza dubbio Aufsätze über den Faschismus composta negli anni successivi all’esilio. Equiparava il nazismo a una variante teutonica del fascismo e muoveva critiche al sistema capitalista che genera regimi totalitari. Tramite il Teatro, Brecht voleva mostrare la possibilità di intervenire per arrestare questo processo. Cercava di smuovere il pubblico evitando che si rassegnasse all’idea di un destino impossibile da sovvertire. Per questo motivo i drammi dello stesso periodo sono chiari rimandi al Reich. Der aufhaltsame Aufstieg des Arturo Ui “La resistibile ascesa di Arturo Ui” è addirittura un’allegoria dell’ascesa di Hitler. Per realizzare appieno la sua poetica, Brecht si serviva del Verfremdungseffekte “effetto straniante”. Innanzitutto le opere del regista tedesco non rispettano le tre unità aristoteliche, non seguono la tipica struttura del dramma che prevede un’unità di tempo luogo e azione. Le scene sono a sé stanti e sconnesse tra loro. Questo perché l’intento era quello di non far immedesimare il pubblico nella storia. In secondo luogo, l’attore non era semplicemente funzione drammaturgica, spesso era anche narratore. Talvolta recitava le didascalie, o sottolineava che aveva smesso di parlare. Questo perché non si identificava mai con il personaggio e di questo ne dev’essere consapevole anche chi guarda. È frequente l’abbattimento della quarta parete, l’attore dialogava spesso con il pubblico per consolidare l’effetto straniante. Altro elemento era l’allestimento dello spazio scenico, tendenzialmente lasciato il più scarno possibile per non distrarre il pubblico, in netto contrasto con il Teatro tradizionale. Infine, con l’Historisierung Brecht analizzava uno specifico avvenimento storico non nel suo contesto originario. Estrapolando un evento dal suo tempo, gli spettatori erano portati a giudicarlo senza emotività e quindi potevano essere più obiettivi. Altri elementi erano le canzoni, molto frequenti, così come cartelli e striscioni che commentavano lo svolgersi dell’azione scenica. Tramite l’alienazione il pubblico capiva di assistere ad una recita e questo serviva “a distanziarci da una realtà che ormai accettiamo acriticamente per troppa consuetudine”. Sono facilmente comprensibili le motivazioni che hanno spinto Brecht in questa direzione, il folle e perverso regime nazista che generava orrori si basava sul controllo delle masse. L’identificazione della Germania in una sola persona era irreversibilmente pericolosa. Ecco perché bisognava prendere le distanze, con il Verfremdungseffekte. Come dirà Walter Benjamin nella sua analisi del Teatro brechtiano: “Per il teatro epico, l’arte sta appunto nel suscitare, al posto dell’immedesimazione, lo stupore. (…) Invece che immedesimarsi nell’eroe, il pubblico deve piuttosto imparare a stupirsi delle situazioni in mezzo alle quali si muove. Per Brecht “Invocando un nuovo teatro si invoca un nuovo ordine sociale”.


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