Bertinotti: “Barghuthi va liberato per aprire la via di pace. Politica mai così debole”
FAUSTO BERTINOTTI PRESIDENTE FONDAZIONE CERCARE ANCORA
Bertinotti: “Barghuthi va liberato per aprire la via di pace. Politica mai così debole”
DI EDOARDO SIRIGNANO
“Una mossa intelligente o meglio ancora del cavallo per Israele sarebbe liberare Marwan Barghuthi, da trent’anni in carcere e ancora oggi leader più popolare tra i palestinesi. Non è un caso che in tutte le manifestazioni, che prendono di mira l’autorità, viene richiamato il suo nome”. A dirlo Fausto Bertinotti, ex presidente della Camera e già leader di Rifondazione Comunista.
“I miliziani di Hamas sono liberatori, non terroristi”. Condivide l’ultima uscita di Erdogan?
Ovviamente no! Detto ciò, il presidente turco ha una posizione precisa sullo scacchiere internazionale. Gli occidentali, quando ne hanno bisogno la dimenticano, addirittura colpevolizzano Erdogan. Resta il fatto, però, che la sua collocazione non è mai stata in discussione. Il giudizio su Hamas come terroristi è analitico, non un’invettiva. Ci sono formazioni politiche-sociali al mondo che scelgono la via del terrorismo e altre che, nelle stesse condizioni sociali e politiche, non la scelgono.
Perché solo adesso il presidente turco ha deciso di schierarsi in modo così netto?
Nel mondo arabo si avverte una forte pressione popolare, che in assenza di alternative, appoggia persino Hamas. Ciò è frutto di elementi complessi, compresa la sfiducia del popolo nelle classi dirigenti arabe. Da questo punto di vista, l’ultima uscita di Erdogan si spiega come una mossa difensiva rispetto al problema del consenso. Una via certamente sbagliata di cercarlo.
Queste posizioni, però, rischiano di compattare il mondo arabo. Qualcuno già parla di guerra santa…
Mi sembra un’enorme sciocchezza. Le défaillances della politica occidentale consentono di sostenere qualsiasi cosa. Non c’è più alcun riferimento serio e consolidato tra ciò che si dice e un’analisi sul campo delle forze come realmente sono e si muovono. Una cosa è certa, non possiamo ancora parlare di guerra, ma piuttosto di uno scontro tra lo stato di Israele e Hamas.
È possibile trovare la via della pace?
È sempre possibile. Quando non la si trova, vuol dire che c’è un deficit della politica mondiale, regionale e locale. Si può mettere mano a ciò. Bisogna, però, avere le capacità politiche e una leadership in grado di segnare la svolta. A proposito di classi dirigenti, si critica spesso quella palestinese. Ramallah non è certamente un centro propulsivo dal punto di vista delle capacità politiche. Il leader più popolare, ancora oggi, è Marwan Barghuthi. Non è un caso che in tutte le manifestazioni, che prendono di mira l’autorità, venga richiamato il suo nome. Da trenta anni, dopo aver guidato la prima e la seconda intifada, è stato nelle carceri israeliane. Una mossa intelligente o meglio ancora del cavallo per Israele sarebbe liberare Barghuthi.
Nel mondo c’è chi può mediare più di altri?
Siamo nella stessa situazione dell’Ucraina. Non si riescono a individuare le forze motrici del processo di pace. In un mondo così disarticolato, che non ha più un carattere unificante, bisognerebbe appellarsi alle grandi forze presenti su scala mondiale. Mi riferisco alla Cina, alla Russia, ai Brics e agli stessi Stati Uniti. Tutti questi attori dovrebbero sedersi allo stesso tavolo e trattare la pace. Ciò mette in risalto il grande colpevole-assente di questa storia: l’Europa. Doveva mediare e non lo ha fatto.
L’Italia, in Medio Oriente, sembra essere più imparziale rispetto all’Ucraina. È davvero così?
Come Europa e come Italia, siamo stati troppo in disparte. Siamo colpevoli di omissione e latitanza.
Adesso, però, la stessa America non è più tanto interventista, come lo era nel difendere le ragioni di Kiev. Perché?
Si sta accorgendo che si rischia uno scontro tra il sud del mondo e i paesi ricchi. Questo conflitto mette in luce l’isolamento di un Occidente, presuntuoso e saccente, che nella vicenda Ucraina aveva vantato un consenso totale, irridendo ai pacifisti. Adesso è costretto a scoprire che non è più il portatore del messaggio universale, ma il principale accusato. Biden, in qualche misura, ne prende atto e comprende che deve muoversi per arginare le ostilità.
Zelensky, intanto, va in Israele. Che ruolo vuole occupare il presidente ucraino?
Quello che ha sempre occupato. In assenza di una grande politica, quando emerge un nuovo fenomeno scaccia il precedente. È una regola di un mondo in cui le comunicazioni prevalgono sulla politica.
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