Berlino pigliatutto: Intel investe in Germania, l’Italia rischia grosso
Berlino pigliatutto, la Germania chiude l’accordo con Intel che investirà sul suolo tedesco gran parte del budget miliardario messo a disposizione per gli investimenti in Europa. Il colpaccio di Olaf Scholz, però, inguaia l’Italia. Già, perché se rimane in piedi l’idea di impiantare uno stabilimento anche nel nostro Paese, sembra rimpicciolirsi, almeno in teoria, l’entità delle risorse da impiegare e la strategicità della fabbrica che verrà. Insomma, il Veneto (che è in pole position per accogliere la multinazionale americana) rischia di non ospitare una silicon valley dei chip ma solo uno degli anelli della catena, a trazione tedesca, dei semiconduttori in Europa.
Il governo tedesco s’è trovato in mano le carte vincenti. O meglio, la puntata migliore. Ha messo sul tavolo qualcosa come dieci miliardi di euro per sostenere la candidatura e il progetto che ruota attorno alla città sassone di Magdeburgo, nell’Est del Paese. Mentre sono già in corso i controlli archeologici e ambientali per approntare l’area della gigafactory da subito, la Germania cala l’asso. Anzi, va all-in. E getta sul tavolo delle trattative qualcosa come 9,9 miliardi di euro. Quasi il 50% in più rispetto al valore iniziale degli aiuti, quantificati attorno ai 6,8 miliardi. L’accelerazione porterebbe l’intero investimento, tra risorse Intel e aiuti di Stato, a una cifra pari a ben 30 miliardi di euro. Ma a Berlino sanno che il gioco vale la candela. L’obiettivo è garantirsi l’autonomia sul mercato, centralissimo, dei chip e di non dipendere più dagli approvvigionamenti che arrivano, per lo più, dal Sud Est asiatico, leggi Taiwan. Di fronte agli sforzi pubblici, Intel, secondo quanto riporta il giornale tedesco Handelsbatt, sarebbe pronta a rafforzare il suo stesso investimento.
La questione, però, tocca l’Italia sempre più da vicino. Se Magdeburgo, cioè la Germania orientale, diventa il cuore del progetto europeo di Intel, è più facile allargare la filiera ai Paesi dell’Est piuttosto che a quelli del Sud. Le ultime promesse e dichiarazioni di intenti, piuttosto vaghe come d’obbligo quando sul piatto ci sono solo trattative, risalgono a gennaio scorso. Oggi, a distanza di sei mesi, sembra già che sia cambiato tutto.
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