Benetton, “lacrime e sangue”: chiuderà 500 negozi, il brand cambierà pelle
Benetton sconta ricavi in calo del 20% nel piano presentato alle banche e si prepara ad una rivoluzione “lacrime e sangue” con la chiusura di 500 negozi, dando impulso a quelle saracinesche già abbassate in Giappone, Polonia e nel sudest asiatico. Serve innanzitutto questo, ha fatto capire l’ad Claudio Sforza ai sindacati del tessile-abbigliamento di Ponzano Veneto, per dimezzare le perdite a 110 milioni di euro (nel 2023 erano 230) e puntare al pareggio entro il 2026. E ha pure fatto partire un recupero di crediti non pagati, emettendo decreti ingiuntivi per un valore di 40 milioni di euro.
La rivoluzione prevista investe anche la produzione, dimezzando i da 12 a 6 mesi i tempi delle collezioni, ricorrendo al commercializzato e tagliando le forniture degli stabilimenti di Benetton Manufacturing in Tunisia, Serbia e Croazia. In Croazia la piattaforma chiuderà, in Tunisia e Serbia i siti produttivi saranno chiamati a produrre di più per terzi ricorrendo anche a incentivi locali. Una politica che probabilmente posizionerà il prodotto finito in una fascia di costi inferiore a quella attuale.
Un brand che cambierà pelle e il suo ventaglio di offerte, con l’addio alla linea dei capi per bambini e la ricerca di linee che ne caratterizzino meglio l’identità, la riconoscibilità e la scelta, cavalcando una strategia di marketing più aggressivo e più orientato allo sfruttamento dei canali digitali. Futuro incerto per il marchio Sisley del gruppo, nato nel 1968 e affermatosi a partire dagli anni ’80 con un ampio ingresso nel marketing sportivo. Lontani i tempi, nove anni fa, dell’accordo con il gruppo turco Özlenir per svilupparsi sul mercato asiatico.
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