Stringere un 'Patto di garanzia' a livello Ue per assicurare alle nuove generazioni il diritto al lavoro e un'adeguata formazione: questo l'obiettivo principale del 'Movimento di Francoforte' tenuto a battesimo, all'ombra dell'Eurotower Bce, dal vicepresidente del Parlamento europeo Roberta Angelilli (Ppe-Pdl), Bruxelles, 21 settembre 2012. ANSA/UFFICIO STAMPA PARLAMENTO EUROPEO +++ NO SALES, EDITORIAL USE ONLY +++
Sarà una questione di durata e dimensioni. C’è poco da essere maliziosi, però, il tema è quello che da mesi affligge l’economia di tutto il vecchio Continente e afferisce, ça va sans dire, alla politica monetaria della Banca centrale europea. Ormai, più che un’idea, il taglio dei tassi previsto per giugno è un fatto. Ne ha parlato, nelle scorse ore, il capoeconomista di Francoforte, Philippe Lane che di certo non è mai stato una “colomba”. Dopo di lui, è arrivata la dichiarazione di François Villeroy, governatore della Banca di Francia e membro del board Bce. Villeroy ha dichiarato che la Banca centrale europea dovrebbe prendere in considerazione l’idea di operare un ulteriore taglio dei tassi anche a luglio. O, comunque, di uscire dalla cautela e dalle regole, auto imposte, che impedirebbero alla Bce di scontare il costo del denaro più di una volta ogni tre mesi: “A volte leggo che dovremmo tagliare i tassi solo una volta a trimestre, quando sono disponibili le nuove previsioni economiche, e quindi escludere luglio. Ma perché, se decidiamo di riunione in riunione basandoci sui dati? Non dico di impegnarci già su luglio, ma manteniamo la libertà sulla tempistica e sul ritmo”, ha spiegato Villeroy. Aprendo, di fatto, il fronte della rottura con il fronte dei falchi. Che, per inciso, un’altra testata l’hanno presa da Bruno Lemaire, ministro dell’Economia francese, che ha spernacchiato pubblicamente uno dei capisaldi della linea dell’austerità e del rigore a tutti i costi. “Non condivido quest’analisi per cui gli aumenti dei salari rischiano di far rimbalzare l’inflazione – ha tuonato -, penso che un buon equilibrio sia un livello di inflazione contenuto ma continuando ad avere dei salari che aumentano più velocemente dell’inflazione. Se ogni volta che i salari aumentano più dell’inflazione ci si dice che è una catastrofe, che bisogna stringere i rubinetti, è molto scoraggiante per quelli che lavorano”. Se fosse vero tutto ciò, l’Italia – dove i salari sono cresciuti molto meno che altrove in Europa e dove si guadagna meno di trent’anni fa, dovrebbe essere al sicuro dalle oscillazioni del carovita. Cosa che, come purtroppo abbiamo sperimentato sulla nostra pelle, non s’è verificata. Lemaire, dopo aver rivelato d’aver avuto un abboccamento con Christine Lagarde, governatrice Bce, ha sganciato la bomba: “Non penso che si debba offuscare il quadro, siamo riusciti a vincere la battaglia contro l`inflazione, a mettere sotto controllo i prezzi. Se i salari salgono tanto meglio. Non penso che farà rimbalzare l’inflazione, questa è la analisi dei falchi della Bce e di alcuni ambienti finanziari europei, che appena ci sta uno stormir di fronde sui salari gridano che è terribile, che non è possibile e che bisogna alzare i tassi”. Dirlo più chiaramente non si poteva: è ora che i falchi tornino nella voliera e che si dichiari la fine della lunga, troppo lunga, guerra dei tassi. Anche perché, intanto, la Bce ha comunicato che “nella sua ultima indagine sui consumatori dell’area dell’euro, che le aspettative dei cittadini dell’eurozona sull’andamento del tasso d’inflazione nel corso del prossimo anno sono scese al livello più basso dal settembre 2021”. In pratica, i cittadini si aspettano che l’inflazione si attesti al 2,9% tra un anno, rispetto al precedente 3%, mentre le aspettative per i tre anni successivi sono scese di un decimo di punto percentuale al 2,4%”. Qualcosa sta cambiando al punto che persino Isabel Schnabel, fata madrina del rigore a tutti i costi, addirittura “apre” al ripristino “a determinate condizioni” del Quantitative easing. Un’inversione a U, per quanto timida, rispetto all’idea di sganciare, definitivamente, la Bce dall’acquisto di bond e titoli degli Stati membri. Insomma, nulla tornerà più come prima e il denaro a costo zero resterà, almeno per ora, un vecchio ricordo. Ma la fine del lungo inverno dei tassi sembra vicina. Tutto starà in quanto durerà ancora la stretta dopo la discesa dal plateau e in che dimensione saranno ritoccati i tassi. Sperando che non si tratti (solo) di una trovata elettorale.