Economia

Unicredit-Bpm, s’infiamma il risiko delle banche italiane

di Giovanni Vasso -


È stato il giorno dei giorni per le banche italiane. Mentre gli hacker russi si scatenavano tentando di mettere fuori gioco i siti degli istituti di credito, colpendo tra gli altri Intesa San Paolo, tra Unicredit e BancoBpm son volate accuse e “promesse” nel giorno in cui Abi sentenzia che, insieme ai tassi sui conti correnti e depositi, è crollata anche la concessione di mutui e prestiti.

La mattinata è stata resa frizzante dalle dichiarazioni giunte da piazza Gae Aulenti. Unicredit ha comunicato in una nota che “un aumento del corrispettivo dell’Offerta Pubblica di Acquisto Anima e la rinuncia (in tutto o in parte) anche a una sola delle sue condizioni potrebbero comportare la risoluzione dell’offerta Unicredit o la sua inefficacia, salvo che Unicredit non decida di rinunciare alle condizioni dell’offerta secondo quanto previsto dalla stessa”. In pratica, l’istituto di credito guidato dall’amministratore delegato Andrea Orcel “avverte” quello diretto da Giuseppe Castagna che gli replica a muso durissimo: “Da Unicredit accuse pericolose – ha dichiarato l’Ad BancoBpm a Bloomberg.tv – stanno cercando di influenzare il voto degli azionisti nell’assemblea”. Assemblea che è in calendario a giorni, si riunirà difatti il 28 febbraio prossimo. Che sia una guerra è chiaro fin dall’inizio. Così come lo è il fatto che, a far deflagrare il nuovo scontro di ieri, siano state (anche) le parole del presidente di BancoBpm, Massimo Tononi, che all’Assiom Forex di Torino ha bollato quella di Unicredit come una non-offerta. Anzi, “un’offerta molto anomala” perché “era a sconto fin dal primo giorno ed è sempre rimasta tale”. Intanto lo stesso Castagna ha voluto bollare come fake news “l’accusa che noi non riusciremo ad ottenere il Danish Compromise” sull’Opa per Anima. “Noi abbiamo solamente detto che, siccome vogliamo accelerare il nostro processo, non vogliamo dipendere da qualsiasi decisione della Bce. Noi siamo sicuri che Eba e Bce approveranno il Danish Compromise”, ha dichiarato Castagna. Che ha rassicurato tutti gli azionisti: “Abbiamo voluto essere trasparenti e dire che qualsiasi cosa sarebbe successa, e in qualsiasi scenario, saremmo stati in grado di distribuire sei miliardi di dividendi ai soci e di mantenere, in ogni caso, il 13% del Cet1 ratio. Ma il nostro best case è di distribuire 7 miliardi agli azionisti con il 14% di Cet1 ratio”. Mentre andava in scena l’ultimo round della gran disfida dei banchieri italiani, l’Abi snocciolava, nel bollettino mensile, notizie non proprio entusiasmanti: a gennaio i prestiti a famiglie e imprese sono calati dell’1% sull’anno e sul mese. A dicembre scorso il credito erogato alle imprese era già crollato del 2,3% mentre le famiglie avevano ottenuto uno 0,2% di prestiti in più. La notizia risulta grigia perché viene ricollegata direttamente al rallentamento della crescita economica. Tuttavia, qualche buona nuova comunque c’è: i tassi medi sui nuovi mutui per le abitazioni scendono al 3,09% dal 3,11% del mese precedente e dal 4,42% di dicembre 2023 mentre cala anche quello inerente il tasso medio sulle nuove operazioni di finanziamento alle imprese è sceso al 4,20% dal 4,40% del mese precedente e dal 5,45% di dicembre 2023. In tutto, il tasso medio sul totale dei prestiti scende dal 4,44% di dicembre al 4,31%. Una notizia importante che risente, chiaramente, dell’alleggerimento della politica monetaria disposta dalla Bce. Che, dopo aver fatto brindare gli azionisti delle banche italiane anche nel 2024 (in tutto, stando ai calcoli riportati dal Sole 24 Ore, l’anno passato gli utili sono cresciuti di un ulteriore 10% per ben 31 miliardi di euro), adesso danno qualche pensiero in più ai banchieri. Che devono far presto nel chiudere le proprie operazioni. Unicredit, in Germania, trova condizioni a dir poco proibitive. Commerzbank, pur di non finire in mani italiane, sta licenziando dipendenti tedeschi per assumerne di polacchi. In Italia, la vicenda BancoBpm ora assume i contorni di un duello western che avrà ricadute a cascata sull’intero sistema del credito italiano. Intesa San Paolo, primo gruppo italiano, continua a tenersi fuori. Il presidente Gros-Pietro ha rimbalzato ogni domanda sulle considerazioni del governatore della Banca d’Italia Panetta in materia di risiko bancario e talk show. Ma ha avuto pur qualche grana nel dover affrontare una valanga di attacchi d-Dos da parte di hacker russi furiosi, con l’Italia, per le parole pronunciate dal Presidente Sergio Mattarella a Marsiglia. Le banche italiane restano, quindi, al centro del ring di (ogni) partita economica e politica del Paese. E dall’evoluzione delle grandi manovre di queste settimane arriveranno i nuovi assetti: se ci sarà un secondo polo con Unicredit in grado di competere ancora meglio con Isp oppure se il Terzo Polo bancario si farà.


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