Balcani e Tunisia sotto la lente
ANTONIO TAJANI
Ormai il governo Meloni si è messo di punta e, di fronte all’immobilismo dell’Europa, procede in solitaria per porre un freno all’immigrazione irregolare. Perché solo un’azione sinergica su tutti i fronti, senza lasciare scoperta alcuna rotta che sia in mare o via terra, può contrastare la così tanto annunciata e temuta invasione di migranti sulle coste italiane. Infatti mentre il ministro degli Esteri Antonio Tajani è impegnato ad appoggiare la causa della Tunisia sull’orlo del tracollo economico, per scongiurare la partenza in massa dal nord Africa, l’altra sfida aperta resta la stabilizzazione dei Balcani. Sotto osservazione proprio la rotta balcanica, il corridoio migratorio che, passando da Grecia e Turchia, permette ai clandestini di arrivare in Italia. Una rotta terrestre per troppo tempo sottovalutata, da dove, mentre l’attenzione si è sempre concentrata sui migranti raccattati in mare dalle Ong, ogni giorno entrano illegalmente nel nostro paese centinaia di clandestini. Seppure i fondi stanziati dall’Unione Europea e le politiche del presidente Erdogan abbiano portato all’innalzamento del muro greco-turco, alle barriere dei paesi di Visegrad e ai respingimenti di massa in Croazia e a Trieste, la situazione è tornata nuovamente incandescente dopo i terremoti che hanno raso al suolo Siria e Turchia, in cui hanno perso la vita oltre 50mila persone e che hanno provocato una crisi nella crisi, spingendo al limite le partenze. È proprio dal porto turco di Izmir che era partito il caicco carico di migranti naufragato di fronte alla spiaggia di Cutro. E il governo, finito sotto attacco per quei corpi annegati in mare a pochi metri dalla riva, ha elaborato un piano in nove punti, da mettere in pratica con la collaborazione dell’Europa, anche se, in mancanza di decisioni rapide da Bruxelles, l’esecutivo procede in autonomia con bilaterali e fitti vertici con i rappresentanti dei principali paesi di partenza dei barconi, al fine di avviare una collaborazione volta ad arginare lo spettro di un’invasione umana epocale. Ieri il titolare della Farnesina ha presieduto a Roma la riunione ministeriale sui Balcani Occidentali, alla quale hanno partecipato il Commissario europeo per il Vicinato e l’Allargamento, Oliver Varhelyi, il ministro degli Esteri svedese Tobias Billström, in qualità di presidente di turno del Consiglio dell’Ue, e i ministri degli Esteri di Albania, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia. “Il governo italiano ha voluto dispiegare un’azione di politica estera a tutto campo nei Balcani Occidentali nella consapevolezza che qui si decide il futuro dell’Europa”, ha detto Tajani, sottolineando come “dobbiamo accelerare il processo di integrazione europea dei Paesi della regione” e che l’Italia “è in prima linea al fianco dei nostri amici balcanici”. Oggi, invece, la premier Giorgia Meloni coordinerà il vertice a Palazzo Chigi nel quale verrà discusso il piano migranti in nove punti sul quale hanno lavorato il ministro degli Interni Matteo Piantedosi e il titolare degli Esteri. Punto focale del progetto sarà il dialogo con la Tunisia e l’impegno tutto italiano di accelerare lo sblocco di quel 1,9 miliardi di dollari di aiuti per Tunisi congelati dall’Fmi e dalla Banca mondiale, in mancanza dei quali il paese finirà in default. Altro obiettivo del progett è stringere accordi con la Libia per bloccare le partenze dei disperati, come già avvenuto in passato, e contrastare gli scafisti, anche a costo di rivedere il decreto contro le Ong e le procedure per la protezione speciale. Poi il rafforzamento delle relazioni con i paesi balcanici, avviato già ieri, per ridurre gli ingressi via terra. Il piano prevede inoltre delle misure che possano facilitare i rimpatri dei clandestini già espulsi dal territorio italiano e, sotto questo punto di vista, diventa importante il ruolo dell’Onu, a cui il governo chiederà collaborazione per agevolare i rimpatri verso i paesi di provenienza con progetti di lavoro e sostegno familiare. Infine è allo studio l’ampliamento delle strutture di accoglienza in Calabria e in Sicilia, per dislocarle in più punti sul territorio e allentare la pressione sulle due regioni del Sud più colpite dal flusso migratorio. Gli sbarchi, infatti, non si arrestano e neppure le operazioni di soccorso dei naufraghi in difficoltà. Sono in corso accertamenti per individuare l’imbarcazione con la quale 35 persone sono finite sull’isolotto di Lampione, a largo di Lampedusa, dove sono rimaste bloccate per ore a causa del mare grosso, prima di essere salvate dalla Guardia Costiera. Il tutto mentre Alarm Phone segnalava all’Italia che almeno 500 migranti erano in difficoltà tra le onde a nord della Libia.
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