Azeri, indiani e americani vogliono l’ex Ilva. Marcegaglia spera nello “spezzatino”
Azeri, indiani e americani vogliono l’ex Ilva per intero, altri gruppi – compreso quello Marcegaglia – puntano ad uno “spezzatino”. E’ scaduto a mezzanotte il termine per la presentazione delle offerte vincolanti per l’acquisizione del gruppo ex Ilva e dell’acciaieria di Taranto e in attesa dell’ufficialità dell’apertura delle buste appaiono tre, e tutte straniere, le offerte presentate per l’intero asset industriale: dal gruppo azero Baku Steel, dagli indiani di Vulcan green steel del gruppo Jindal steel international e dal fondo americano Bedrock Industries. A seguire, l’interesse parziale, con sette offerte: tra queste anche quello del gruppo Marcegaglia, da solo e in cordata con altri siderurgici, per i tubifici (a Racconigi, Salerno e Socova a Sénas in Francia).
Dopo la proroga, arrivata a ridosso della scadenza originaria del 30 novembre, ulteriori allungamenti dei tempi non sono previsti ma l’iter si prospetta comunque piuttosto lungo, tanto che nel decreto Milleproroghe il prestito ponte è stato aumentato di 100 milioni, passando da 320 a 420 milioni, proprio per dare più respiro all’azienda, stretta nella morsa di una produzione ancora al palo.
Una volta aperte le buste, i commissari dovranno valutare la congruità tecnica delle proposte. Un lavoro che si prevede articolato anche perché i player in corsa potranno intervenire sulle stesse proposte: rilanciare, migliorare i piani presentati, fare una cordata tra soggetti interessati. Individuata la soluzione migliore, le carte passeranno al ministero delle imprese e del Made in Italy, perché il governo possa fare la sua valutazione e prendere le proprie decisioni. In proposito, il ministro Adolfo Urso aveva ipotizzato il golden power per blindare il destino del gruppo con una serie di paletti su investimenti, occupazione e obiettivi di decarbonizzazione che il compratore sarà poi chiamato a rispettare.
Intanto è stabile l’affanno del gruppo, con 3mila lavoratori in cassa integrazione, 2mila solo a Taranto, e un livello produttivo fortemente ridimensionato: 9mila tonnellate al giorno, solo 2 milioni di tonnellate a fine anno, un quarto della produzione a pieno regime che arriva a 8 milioni di tonnellate l’anno.
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