Economia

L’Autonomia nell’Italia disunita, i temi di Svimez

di Giovanni Vasso -


Prima di fare l’autonomia differenziata andrebbe unita, sul serio, l’Italia, almeno secondo Svimez. Che ha avuto il merito di portare sostanza a un dibattito che, come sempre accade quando c’è di mezzo la politica italiana, si impoverisce di contenuti, finendo per trasformarsi nell’ennesima sfida rusticana tra ultras, pronti a tutto pur di avere un comunicato stampa da lanciare, un decimale nei sondaggi da conquistare. E mentre i partiti si appassionano al diritto parlamentare, agli alambicchi del voto, alle formalità per validarlo, all’assenza della Lega, a chi ha il diritto di indire una votazione e chi di parteciparvi, Svimez, in audizione davanti alla Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale, ha messo sul banco temi, argomenti, questioni di pressante attualità. C’è, innanzitutto, la vicenda dei Lep, i livelli essenziali delle prestazioni, che per Svimez dovrebbe “trovare compiuto riconoscimento nella legislazione nazionale indipendentemente dalla cosiddetta autonomia differenziata” se l’obiettivo è “quello di rendere effettivo il principio di pari dignità di accesso ai servizi di cittadini e imprese su tutto il territorio nazionale”, ossia se si vuol fare dell’Italia, finalmente, un Paese unito e non superare il divario Nord-Sud. Quando si parla di Lep dovrebbe parlarsi (anche) di perequazione infrastrutturale. Ossia, degli investimenti da fare per rendere l’Italia un Paese in cui, da Bolzano a Reggio Calabria, tutti possano avere accesso agli stessi diritti e agli stessi servizi. Oggi, invece, accade che chi nasce in Alto Adige ha la possibilità, come ha rilevato nei giorni scorsi la Corte dei Conti, di vivere sedici anni in più in buona salute (69,3 anni) rispetto a un cittadino calabrese (53,1). Roba, per intendersi, che è dentro anzi è ragione del Pnrr. “Se i Lep hanno la finalità ultima di garantire livelli di servizi uniformi sul territorio nazionale, oltre che la loro puntuale definizione e il loro finanziamento, sarebbe necessario procedere, di pari passo, al livellamento delle dotazioni infrastrutturali tra territori, condizione necessaria per consentire alle Amministrazioni decentrate di erogare livelli adeguati di servizi”, hanno sentenziato gli analisti Svimez. Ma il divario Nord-Sud non è solo nei servizi. È anche, o forse soprattutto, nelle capacità economiche. Ci diciamo ormai da mesi che il Mezzogiorno, con il ritrovato protagonismo del Mediterraneo sullo scenario globale, sarà il nuovo Eldorado. O, quantomeno, il polo strategico, il trampolino dell’Europa verso Africa e Vicino e Medio Oriente. Il governo, come noto, punta forte sul Sud e ha varato la strategia della Zes unica per dare una scossa allo sviluppo meridionale. Svimez, però, ritiene che, con l’autonomia differenziata, si rischia di svuotare di senso (e di effetti) il progetto. Per il direttore Luca Bianchi si tratta di “due modelli incompatibili: da un lato, correttamente, si prova a ricostruire un’unità degli interventi per il Mezzogiorno attraverso la Zes Unica, che comporta, in parte, un accentramento delle scelte strategiche da parte del governo; dall’altro lato, invece, si sta provando a fare l’autonomia differenziata con il rischio di frammentare ulteriormente le politiche pubbliche in questo Paese. Il disegno di autonomia differenziata sembra voglia acuire la contrapposizione territoriale: cercare di trattenere sempre più risorse nel Centro Nord nell’ottica che il Paese sia più disunito di quanto non sia, finendo per sottovalutare il tema fondamentale dell’interdipendenza tra Sud e Nord”.


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