Economia

Borchia (Lega): “Auto, Ue ora meno ideologia”

di Giovanni Vasso -


Il Green Ue ha azzoppato l’auto motive, l’ultimo comparto industriale in cui l’Europa poteva ancora dire la sua. I dati raccontano la cronaca precisa e dettagliata di un flop di proporzioni epocali. E l’Ue, adesso, deve correre ai ripari. Anche perché la rigidità ideologica che ha contraddistinto Bruxelles negli ultimi tempi sta producendo più danni che opportunità. Il tema, oltre al verde, è ancora un altro: Ursula von der Leyen, già madrina del Green Deal, riuscirà davvero a porre rimedio ai guai dell’industria europea. Paolo Borchia, capodelegazione Lega al Parlamento europeo, è scettico: “Non ci facciamo illusioni”.

Sembra che l’ultima “vittima” dell’ideologia green sia l’auto. È davvero così? Cosa significherebbe per l’Europa perdere questo comparto industriale?
“Sebbene l’Europa sia responsabile in minima parte del problema a livello globale, dato che le emissioni del traffico auto europeo incidono davvero poco se comparate a quelle di altri continenti, nell’auto elettrica è stato individuato uno strumento di battaglia ideologica da parte della Commissione targata Von der Leyen – Timmermans. Vediamo se ora ci sarà la discontinuità annunciata agli elettori, ma non siamo particolarmente ottimisti. Continuare con queste politiche, ininfluenti nel migliore dei casi e dannose nel peggiore, significherebbe per l’Europa un grave danno, con perdite di posti di lavoro e grossi problemi anche per l’economia italiana, legata a livello di filiera e di approvvigionamento all’industria automobilistica tedesca”.


Stellantis taglia posti di lavoro, l’Ue impone dazi nel disperato tentativo di frenare i cinesi. Quali saranno le conseguenze, anche a medio e lungo termine, di questo stato di fatto?
“Le conseguenze saranno negative anche perché l’economia europea, in particolar modo quella tedesca, sono strettamente connesse alle esportazioni verso la Cina, per cui questo implica per forza di cose che Pechino abbia a disposizione tutti gli strumenti di pressione del caso. Noi della Lega avevamo segnalato già anni fa che la politica di sussidi che la Cina può mettere in campo per sostenere la propria industria automobilistica avrebbe creato grosse problematiche. Nessuno ci ha ascoltato, oggi le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti”.


Cos’è il Green Deal, una scommessa azzardata o una partita a perdere in un mondo che, dalla Cina fino agli Stati Uniti sta cambiando completamente paradigmi economici e geopolitici? Che rischia l’Europa (e l’Italia con lei)?
“L’Europa rischia tanto e in particolar modo sul tema della competitività, anche perché si stanno imponendo regole eccessivamente zelanti che mettono in difficoltà i nostri produttori e generano confusione negli investitori. A differenza della Cina, noi dipendiamo dall’estero per quanto riguarda le materie prime critiche necessarie alla transizione ecologica, mentre per gli Stati Uniti va ricordato che la promozione dell’elettrico, a differenza che in Ue, non prevede il divieto assoluto di vendita di auto con motore endotermico. Per questo, fatichiamo a capire il furore ideologico di Bruxelles quando altri attori a livello globale stanno impostando una transizione in termini più flessibili e ragionevoli. Servirebbe più concretezza, meno ideologia”.


Crede che, dal 1 dicembre prossimo, sia effettivamente possibile un cambio di rotta nelle politiche della Commissione che, tra l’altro, sarà guidata dalla stessa Ursula von der Leyen “madrina” delle politiche verdi?
“Purtroppo non ci facciamo illusioni. Anche il Ppe ne ha parlato molto in campagna elettorale, però oggi i protagonisti più o meno sono gli stessi che abbiamo visto all’opera negli ultimi cinque anni e la maggioranza al Parlamento Europeo è la stessa. Stiamo chiedendo di risolvere un problema a coloro che l’hanno creato, per cui sarebbe paradossale aspettare buone notizie da chi da tempo mal governa in Europa”.


La Bce ha tagliato ancora i tassi. Ritiene che si possa considerare come l’ammissione del fallimento di una strategia troppo rigida che ha portato l’Europa economica al collasso?
“Le politiche sui tassi da parte della Bce hanno portato a costi molto più alti per le imprese che avevano dei finanziamenti accesi e per le famiglie che avevano contratto un mutuo. Anche in questo caso, con il nostro partito abbiamo segnalato a più riprese e in più sedi come l’inflazione non derivasse evidentemente da un eccesso di domanda, ma dall’aumento dei prezzi dei prodotti energetici. Non siamo stati ascoltati, purtroppo. Oggi questa retromarcia è tardiva e soprattutto le ripercussioni negative sono già arrivate. Ma siamo abituati che a Francoforte, così come a Bruxelles, assumersi delle responsabilità non rappresenta è un esercizio che va particolarmente di moda”.


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