Tempi duri all’orizzonte per Zuckerberg e sodali: l’Australia, che si sta rivelando un’autentica pioniera sul fronte digitale, è pronta a vietare i social agli under 16. E questa volta le guerre commerciali e di dati tra Occidente e Cina c’entrano davvero poco. Nel ban australiano finiscono tutti: da Instagram a Facebook, da X a Tik Tok. Dalla Camera bassa è arrivato l’ok a stragrande maggioranza: solo 13 contrari di fronte a 103 favorevoli. Tutto lascia presagire che lo stesso copione seguirà anche al Senato. A sostenere la proposta ci sono praticamente tutti i maggiori partiti australiani. E, anzi, gli emendamenti proposti dall’opposizione liberale, peggiorativi per le piattaforme rispetto all’impianto originario della norma, sono stati accolti con favore dal governo laburista. Chi sgarra paga: i social che ospiteranno under 16 saranno stangati con multe fino a 50 milioni di dollari australiani (32 milioni di dollari Usa). Anche a Canberra lo sanno: gli Over the Top capiscono solo le maxi-multe. Senza i ragazzini può cambiare, e molto, il modello di business e l’influenza stessa dei social. Del resto anche l’Ue nei mesi scorsi ha rilevato quanti e quali problemi comporta l’esposizione prolungata alle piattaforme sui minori. Anche, o forse soprattutto, perché nonostante i proclami poco e niente s’è fatto per cambiare gli algoritmi che costringono con una serie di strategie psicologiche (tipo effetto conigliera) gli utenti a restare connessi a compulsare video e contenuti per quanto più tempo possibile. Ora la reazione è arrivata. E un eventuale sì dall’Australia potrebbe sbloccare le proposte analoghe che aleggiano anche in Europa, a cominciare dalla Francia.