Augusto Boal, il teatro per trasformare la realtà
“Il teatro non è soltanto un evento, è una forma di vita! ‘Attori’ siamo noi tutti e ‘cittadini’ non sono solo coloro che vivono in società, ma coloro che la trasformano!”. Augusto Boal, nato a Rio de Janeiro nel 1931, è noto principalmente per aver fondato il Teatro dell’Oppresso. Dopo essere stato arrestato e torturato nel 1971, lasciò il Brasile per vivere in esilio, prima in Argentina e poi in Francia. Ritornato in Brasile nel 1986 con la fine della dittatura, ha fondato il Centro de Teatro do Oprimido di Rio de Janeiro. La sua filosofia era di realizzare, attraverso il Teatro, una trasformazione della realtà dell’individuo: interiore, relazionale e sociale. Per farlo, l’individuo deve riconoscere di vivere in un contesto sociale diviso fra oppressi ed oppressori. Boal riprende gli studi del pedagogista brasiliano Paulo Freire, soprattutto il suo saggio “La pedagogia dell’oppresso”.
Per capire meglio il Teatro dell’Oppresso è bene contestualizzarlo nel clima di repressione del Brasile degli anni ‘60, clima che ha portato all’instaurazione della dittatura militare durata fino al 1985. L’operazione che compie Boal è rivoluzionaria. Trasformando lo spettatore in attore, tenta di dare voce e coscienza a chi non ne ha. Dimostrando, in questo modo, che ogni essere umano può influenzare attivamente la trama, cambiandone la narrazione. È un’operazione che non rimane confinata solo alla scena, ma viene trasportata nella realtà. Prendendone coscienza, lo “spett-attore” acquisisce un potere decisionale prima di allora sconosciuto. Le pratiche, o “esercizi”, per giungere a un nuovo stato di coscienza sono molteplici: dal Teatro forum al Teatro Immagine. Ciò che unisce e caratterizza tutti questi metodi è la creazione collettiva che ne costituisce la base. Il fine non è cercare risposte, ma formulare domande. È un processo maieutico, non catartico: non consola, ma guida a trovare la soluzione dentro di sé, attraverso il confronto e la partecipazione sia emotiva che fisica. Il Teatro dell’Oppresso offre ad ogni partecipante degli strumenti per analizzare il passato, nel contesto presente, per poter scrivere autonomamente il proprio futuro. Scrive Boal ne “L’Estetica dell’Oppresso”: “Nel mondo reale in cui viviamo, attraverso l’arte, la cultura e tutti i mezzi di comunicazione le classi dominanti conquistano il cervello dei cittadini per sterilizzarlo e programmarlo all’obbedienza. Parola, immagine, suono, che oggi sono canali di oppressione, devono essere usati dagli oppressi come forme di ribellione e azione, non di passiva, assorta contemplazione. Non basta consumare cultura: è necessario produrla. Non basta godere dell’arte: è necessario essere artista! Non basta produrre idee: è necessario trasformarle in azioni sociali, concrete e continue. Arte e Estetica sono strumenti di liberazione.” Tornato in Brasile, Augusto Boal divenne assessore della sua città natale. Durante il suo mandato ideò il Teatro Legislativo. Lo scopo era, attraverso uno spettacolo su temi sociali in cui il pubblico interveniva per proporre soluzioni, di formulare proposte di legge da presentare e discutere in municipio. “Il Teatro può aiutarci a costruire il nostro futuro, piuttosto che aspettarlo”.
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