Atto dovuto o voluto? Cambia più di una consonante
La decisione di iscrivere un qualsiasi cittadino nel registro degli indagati di qualsivoglia procura non è in nessun caso un atto dovuto. Tutt’altro, è una decisione che i magistrati prendono qualora ravvedano, in un esposto, una denuncia o attraverso la propria ordinaria attività, una qualche plausibile notizia di reato. E il fatto che l’eventuale notizia di reato sia verosimile è determinante nel decidere se procedere con l’attività di indagine o con l’archiviazione. È bene, dunque, sgomberare subito il campo dall’idea peregrina, da più parti sostenuta, che l’indagine avviata dalla procura di Roma nei confronti della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, dei ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi e del sottosegretario Alfredo Mantovano sia un atto dovuto, perché non è così. Al contrario, è un atto voluto, una scelta compiuta dalla magistratura che ha aperto un fascicolo per peculato e favoreggiamento, due condotte illecite che, quindi, la procura capitolina ritiene possano essere state effettivamente perpetrate dal governo. Ma è verosimile o plausibile? I rimpatri dei cittadini stranieri espulsi avvengono sempre e comunque con costi a carico dello Stato, a prescindere che li si riporti nel Paese di origine in aereo, nave, treno o bicicletta. A questo punto, ogni espulsione con conseguente rimpatrio sarebbe passibile di peculato. Il favoreggiamento, invece, si ha quando si aiuta qualcuno a eludere le attività investigative o giudiziarie, compresa la sua ricerca. E qui sorge l’aspetto forse più paradossale di questa vicenda, perché Almasri era a piede libero dopo essere stato arrestato e rimesso in libertà da un provvedimento emesso proprio dalla Corte di Appello di Roma. Quindi, voler a tutti i costi sostenere la tesi dell’atto dovuto denota quantomeno superficialità, proprio a non voler parlare di cattiva fede o della propensione a difendere sempre e comunque la magistratura ogni qual volta indirizza la propria attenzione verso la politica. Tanto più contro quella che addirittura osa mettere in campo una riforma per limitare lo strapotere delle correnti politicizzate della magistratura e per garantire a qualsiasi persona imputata in un processo la consapevolezza di vedere il proprio destino affidato alle mani di un giudice che sia realmente terzo e non collega del pubblico ministero che invece lo accusa.
Certo, l’immediata archiviazione del caso non avrebbe fornito la stessa risonanza mediatica che questa vicenda ha poi avuto. Un aspetto, anche questo, sul quale si tenta di capovolgere la frittata sostenendo che Giorgia Meloni stia giocando a fare la vittima. Eppure, l’impatto della notizia dell’indagine sul governo era assolutamente preventivabile. Al punto da far ritenere fosse quantomeno auspicata.
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