Editoriale

Attacco al cuore del Festival di Stato

di Adolfo Spezzaferro -


“Attacco al cuore dello Stato” – un’espressione che insieme a “sovvertire l’ordine costituito” ci rimanda agli anni della strategia della tensioni – ma che oggi vogliamo utilizzare (è pura provocazione) in merito alla vicenda del Festival di Sanremo. Gli italiani ormai si sono abituati allo strapotere della magistratura politicizzata (non che lo tollerino ma ci hanno fatto come si dice il callo). Il caso della Liguria, dove dopo una mini Mani Pulite il centrosinistra sperava di vincere sull’onda lunga dello sdegno popolare per le vicende del governatore Giovanni Toti (ai domiciliari finché non si è dimesso, ricordiamo il ricatto). Ma lo sdegno non c’è stato né la giustizia ad orologeria ha pilotato l’esito del voto: il centrodestra ha rivinto le regionali, con buona pace dei compagni di partito delle toghe rosse. Stavolta però, con il caso Sanremo, abbiamo l’impressione che gli italiani davvero possano perdere una volta per tutte fiducia nelle istituzioni. La decisione del Tar ligure secondo cui il Festival non è appannaggio esclusivo della diretta Rai e che quindi i diritti televisivi debbano essere assegnati con un bando di gara ha scatenato un putiferio. Intanto, e pure questo fatto fa molto pensare, il Comune di Sanremo è corso ai ripari facendo ricorso al Consiglio di Stato – non sia mai che i giudici decidano che oltre a indire una gara per assegnare la diretta tv al migliore offerente, va fatto un bando pure per scegliere dove far svolgere il Festival. Allora, siccome per gli italiani si può toccare quasi tutto ma non una istituzione davvero super partes e inviolabile come il Festival della canzone italiana in diretta su Rai 1 dal Teatro Ariston di Sanremo, i giudici è il caso che si diano una regolata. Far finire in tribunale l’evento di costume, di tv, di musica, di cultura pop più seguito d’Italia è una tragicommedia che va risparmiata agli italiani. Una fine ingloriosa per un evento che tanto lustro dà al Paese della canzone per antonomasia in tutto il mondo. Il punto è che se si entra nella spirale dei ricorsi e delle carte bollate c’è il rischio di non uscirne più. O di giungere a un accordo al ribasso di quelli veramente in grado di scontentare tutti. Una cosa tipo il Festival di Sanremo in diretta sul Nove da Canicattì. A quel punto canterebbero i Jalisse.


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