Dati e ban, l’Anti-trust stanga Meta: “Sanzione irrisoria”
Facebook chiude gli account senza dare una spiegazione e l’Antitrust stanga Meta: arriva una multa da 3,5 milioni per la società di Menlo Park. L’autorità garante per la concorrenza e il mercato ha sanzionato Meta per pratiche commerciali scorrette. Che sarebbero state messe in atto tanto su Facebook quanto su Instagram. Nel mirino dell’authority sono finite in particolare due comportamenti che sono stati considerati in violazione al Codice del Consumo. C’è la vexata quaestio dell’utilizzo, commerciale, dei dati inseriti sulle piattaforme. Un fatto di cui, per l’Antitrust, Meta non avrebbe debitamente informato gli utenti. E poi c’è la vicenda legata ai ban specialmente su Facebook. Roba che è entrata, a piedi pari, nel dibattito pubblico tra accuse di censura e letture fin troppo allargate del concetto di “spazio privato”. Ebbene, per l’Antitrust, Meta non avrebbe chiarito se a decretare le sospensioni degli account fosse un algoritmo oppure qualche annoiato funzionario. Quindi, in primo luogo, sotto la scure dell’autorità garante è finito il “controllo” del social. Poi, in seconda battuta, la non meno importante mancanza di informazioni fornite agli utenti bannati sugli eventuali ricorsi, sulla possibilità di adire un giudice o di avviare una procedura extragiudiziale.
Meta, da parte sua, è pronta a presentare un controricorso. Non ci sta, come al solito, la società di Mark Zuckerberg che ha incaricato un portavoce di redigere una nota che promette battaglia: “Siamo in disaccordo con la decisione dell’Agcm e stiamo valutando le possibili azioni da intraprendere”, fanno sapere da Menlo Park. Il punto di forza della difesa di Meta sta nel fatto che i comportamenti sanzionati dall’Antitrust, come ha rilevato la stessa autorità, sono stati “corretti” nel tempo e non più praticati. “Già da agosto 2023, abbiamo apportato delle modifiche per gli utenti italiani che indirizzano i temi sollevati dell’Agcm – si lamentano da Meta -. Abbiamo reso ancora più chiaro il modo in cui utilizziamo i dati per mostrare annunci personalizzati su Instagram e fornito agli utenti informazioni e opzioni aggiuntive per fare ricorso in caso di sospensione dell’account”. Almeno su una cosa, sono tutti d’accordo: “Accogliamo con favore, invece, il riconoscimento da parte dell’Agcm dell’efficacia delle nostre soluzioni per aiutare le persone a tornare in possesso del proprio account”.
Chissà se ci sarà un contenzioso e come andrà a finire. Intanto, però, arrivano le (numerose) reazioni dei consumatori. Che sono d’accordo sulla volontà di sanzionare Meta ma, come il presidente di Consumerismo, Luigi Gabriele, ritengono “puro solletico” l’ammontare della sanzione “considerando la sua entità, dimensione e il suo enorme fatturato”. Per Gabriele la questione è pure un’altra: “Ricordiamo che sono già diversi anni che questi operatori operano in deroga a qualsiasi regolamentazione nazionale e internazionale, e il loro potere è tale da poter non solo persuadere milioni di persone (anche da un punto di vista politico) ma anche incidere sulle nostre vite al punto tale che possono ormai decidere se il profilo di un individuo o di un’istituzione possa essere online o meno. Più volte, nell’ultimo anno, abbiamo lamentato delle gravissime interferenze persino sulla vita di soggetti pubblici e, nonostante i numerosi tentativi di dialogo con Meta, non siamo mai riusciti a fare in modo che i disservizi venissero ripristinati in tempi rapidi”. Unione nazionale dei consumatori e Codacons, invece, ritengono positivo il fatto che le condotte rimproverate a Meta siano già in archivio. “Al di là della multa il dato positivo è la cessazione delle pratiche lesive dei diritti dei consumatori decisa da Meta – spiega il Codacons – Ricordiamo che i dati personali degli utenti hanno un enorme valore commerciale, e al momento di fornirli ai vari social network i cittadini devono essere informati in modo chiaro e trasparente circa il loro utilizzo a scopi commerciali da parte delle piattaforme, al fine di non creare squilibri e rispettare la privacy di chi cede le proprie informazioni”. Il presidente Unc Massimiliano Dona torna sulla vicenda legata ai ban e alle sospensioni degli account: “Va potenziata l’assistenza e la trasparenza, soprattutto nei confronti di chi ci lavora con i social media, per evitare di lasciarlo in un situazione di precarietà e incertezza, senza avere una risposta: non si può restare sotto la spada di Damocle di poter rimanere senza account senza capire come poter reagire”.
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