Politica

PRIMA PAGINA-Anche sui migranti il centrodestra fa, la sinistra e le toghe rosse disfano

di Giuseppe Ariola -


La gestione dei flussi migratori e quella degli immigrati che approdano sulle coste italiane è una questione annosa che da sempre anima la dialettica tra sinistra e destra. Al superficiale e controproducente buonismo di chi sponsorizza le ragioni di un’accoglienza incondizionata e anche indiscriminata, si contrappongono le motivazioni di quanti vogliono invece governare e non subire questo fenomeno. Mentre c’è chi inneggia alle attività delle ong che battono bandiera di qualsiasi paese europeo, dalla Spagna alla Germania, passando per la Svezia, impazzando nel cuore del Mediterraneo alla ricerca di barchini o barconi dai quali trasferire i migranti per poi far rotta verso l’Italia, altri hanno un’impostazione diversa che non merita di essere relegata in modo qualunquista e superficiale a insensibilità o, addirittura, a razzismo. Anche perché, piaccia o meno, quello dei migranti costituisce un business, sia per le stesse ong che per le cooperative che sono chiamate a gestirli una volta sulla terra ferma. Come dire, dalla bontà d’animo al portafogli il passo è davvero breve. Sul fronte dei flussi, invece, le ragioni economiche in capo ai paesi di origine si intrecciano con quelle politiche assumendo i tratti di vere e proprie armi di ricatto. I governi di centrodestra in passato hanno cercato di stipulare degli accordi con l’obiettivo di bloccare o almeno porre un limite alle partenze. È il caso di quanto si è verificato durante l’ultimo governo Berlusconi che, al pari di quanto fatto da altre cancellerie europee, stipulò degli accordi economici con la Libia per bloccare le partenze che strumentalmente venivano favorite da Tripoli. Una questione di realpolitik che la sinistra non ha mai digerito. Al punto che con i successivi tre governi a guida Pd questo modello è stato archiviato e gli sbarchi sono ripresi con un’assiduità addirittura maggiore, al pari – è triste dirlo ma è così – delle tragedie in mare che hanno visto la morte di centinaia e centinaia di sventurati. Al contempo, l’Italia quale Paese di prima accoglienza secondo la normativa europea e, molto più banalmente, in quanto stato geograficamente più vicino e facilmente raggiungibile da parte dei migranti provenienti dall’Africa, ha visto nuovamente riempirsi i vari centri destinati agli immigrati e svuotarsi le casse statali per le spese connesse alla loro gestione. Il fenomeno ha assunto nuovamente dimensioni tali da tornare al centro dell’agenda politica del governo giallo-verde, quando a Palazzo Chigi sedeva Giuseppe Conte e il Viminale era affidato a Matteo Salvini. L’esponente del centrodestra, con il sostegno del premier e dell’intero governo, propone e dà seguito a una serie di misure tese a limitare lo sbarco di migranti in Italia, compreso il diniego all’ingresso nelle acque territoriali di alcune ong. Apriti cielo. Dove non riesce l’opposizione a ostacolare la politica del governo arriva la magistratura. Salvini finisce a processo per il caso Open Arms, tutt’ora in corso, mentre il capo del governo di allora arriva finanche a negare con i magistrati la collegialità e la condivisione di quella scelta, giusta o sbagliata, certamente politica. Morale della favola, il leader leghista viene indagato e poi imputato, mentre Giuseppe Conte si apparecchiava il bis alla guida del governo, sostituendo la Lega con il Pd e i renziani, aprendo nuovamente le porte a un’immigrazione incontrollata. I centri di accoglienza e quelli per il rimpatrio si riempiono nuovamente. E arriviamo ad oggi, con il governo di Giorgia Meloni che prova a imprimere una nuova svolta attraverso i famosi trasferimenti presso i centri italiani sul suolo albanese. Neanche a dirlo, le opposizioni insorgono contro quello che la presidente della Commissione europea von der Leyen definisce come un “modello” esportabile anche in altri Paesi e la magistratura fa il resto imponendo il rientro in Italia degli irregolari da rimpatriare. E il paradosso è che, proprio a seguito delle decisioni dei giudici, i partiti di Conte e di Renzi hanno presentato degli esposti per danno erariale contro la premier che ha stipulato l’intesa tra Roma e Tirana, la stessa che viene presa ad esempio in Europa. Insomma, siamo alle solite vecchie cattive abitudini italiane. C’è chi fa e chi disfa sempre pronto a puntare il dito, nonostante i propri conclamati insuccessi.


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