Cultura & Spettacolo

America’s Sweethearts, un Paese meravigliosamente folle

di Martina Melli -


America’s Sweethearts, un incredibile spaccato sulla folle realtà della squadra di cheerleader più famosa degli Stati Uniti, dalla sua uscita il mese scorso ha scalato le classifiche di Netflix.
La docuserie segue l’estenuante processo di reclutamento e coaching delle DCC, le Dallas Cowboys Cheerleaders.
Per essere selezionate, migliaia di ballerine bellissime e armate di abnegazione devono passare attraverso unolungo ni e un bootcamp di allenamento, il tutto rigorosamente senza una ciocca di capelli fuori posto. Oltre a imparare le faticosissime routine acrobatiche, devono rimanere sempre della stessa taglia in modo da poter continuare a entrare negli iconici pantaloncini più crop top e stivali texani. Per via della misera paga, la maggior parte di queste determinatissime donne svolge un altro lavoro a tempo pieno.
Nell’episodio di apertura, il capo dei Cowboys Charlotte Jones ammette che le cheerleader “non vengono pagate molto”, ma che non lo fanno per i soldi ma per far parte di qualcosa di grande.

Le DCC in più occasioni infatti sottolineano come indossare l’uniforme equivalga a indossare un mantello da supereroe: sono tutte onorate, contente, tranquillizzate dalla rigida gerarchia del loro mondo. Odiano sbagliare, deludere, e quando lo fanno, per tornare nelle grazie delle allenatrici devono esibirsi meglio, spesso in nome di Gesù. La soddisfazione che ne deriva è così profonda che le ex alunne della squadra, alcune delle quali hanno 70 anni, tornano allo stadio ogni anno per ballare tutte insieme. Molte di queste donne nel corso dello show ammettono trasognate che quella manciata di anni in squadra sono stati i migliori di tutta la loro vita.

Sono benedette da tutta questa felicità e tutto questo orgoglio grazie a tanto duro lavoro. Le rookie, ovvero le nuove che si guadagnano un posto nella squadra (le “veterane” devono guadagnarselo ogni anno e venire riconfermate) lo fanno perché imparano a superare il dolore, a rimandare l’intervento chirurgico, a sopravvivere con quattro o cinque ore di sonno per svolgere lavori extra.
E poiché sono donne, mentre fanno tutto ciò devono apparire perfette, sexy ma non volgari, dolci ma anche forti e decise. Devono essere bambole di positività sia per il campione di football che per il maschio che le guarda da casa. I calci spesso non sono abbastanza alti. Loro sono troppo tese e hanno bisogno di rilassarsi; sembrano stanche e devono mangiare di più oppure non sono abbastanza magre. Più trucco. Troppo trucco. Troppo biondo. Non abbastanza biondo. Le critiche più feroci vengono accolte con un sorriso e un “Yes, ma’am”.
Sotto diversi punti di vista America’s Sweethearts è uno show inquietante, ma è anche un documentario molto interessante perché analizza in modo preciso e profondo la cultura americana, senza dichiararlo e forse senza volerlo.


Torna alle notizie in home