Altro che uomo forte del Capitano. Ecco il Piantedosi in versione Dc
MATTEO PIANTEDOSI MINISTRO INTERNI
di EDOARDO SIRIGNANO
Il futuro di Piantedosi si chiama “Balena Bianca”. Il ministro dell’Interno, oggi al centro del dibattito politico per la questione dei migranti, non è mai stato salviniano o un estremista. Anzi! Si tratta di un degno erede di mamma Dc. Chi conosce le sue origini irpine lo sa bene.
Il bianco Piantedosi
Altro che maestro Bossi, i suoi padri ispiratori sono sempre stati quelli che una volta venivano chiamati i “magnifici sette”. Ci riferiamo ovviamente a De Mita, Agnes, Aurigemma, Bianco, De Vito, Gargani e Mancino. Quei signori di una piccola provincia della Campania, ma allo stesso tempo tutti potenti e riveriti nei palazzi capitolini degli anni ottanta sono i veri maestri da cui prende ispirazione. Il loro modus operandi si rispecchia in pieno in quello del primo inquilino del Viminale. Prima di entrare nel governo Meloni, il Matteo di Pietrastornina era appunto noto per le sue amicizie importanti, per la sua indiscussa capacità di tenere relazioni, di creare sinergie, nonché per una dialettica abbastanza erudita. Un linguaggio che nulla ha a che vedere con la “bestia” del capitano del Carroccio. Per un degno erede dello scudocrociato, infatti, è facilissimo trovare il cosiddetto cavallo vincente. Più difficile è accantonare una storia o meglio ancora quel sogno nel cassetto, su cui non c’è ufficio che tenga. A scoprire le carte è proprio un convegno in ricordo di Gerry White, l’ex segretario del Partito Popolare, nonché il padre dell’Ulivo. Nel giorno del ricordo solenne non interverranno, infatti, quei big dem, figli di una storia politica che nulla ha a che vedere con la grandezza del segretario di Guardia dei Lombardi, ma appunto il basista Piantedosi. La commemorazione di un indiscusso protagonista della politica nazionale, quindi, potrebbe finire col delineare una nuova stagione popolare. A darne la benedizione, infatti, due centristi per eccellenza. Stiamo parlando di Pier Luigi Castagnetti, il padre del Ppi e Pier Ferdinando Casini, l’inventore dello slogan “Io c’entro”, che per poco non gli consentiva di fregare lo scranno a Mattarella.
L’amico Conte
Altra sorpresa, poi, l’amico che non ti aspetti o meglio ancora che si aspetta solo chi ne capisce di politica. Stiamo parlando di Giuseppe Conte. Il capo dei 5 Stelle, già in passato, era stato accusato di essere un simpatizzante del mondo democristiano. Nessuno scorda la sua visita da premier al teatro Carlo Gesualdo per onorare il capo dei capi della grande tradizione bianca meridionale, ovvero il mai dimenticato Fiorentino Sullo. La svolta rossa, provata negli ultimi mesi, non sembra aver dato i frutti sperati e nuovi pericoli sono ormai all’orizzonte. Il Pd ha di nuovo una leader di sinistra che si chiama Elly Schlein. La neo segretaria intona quando può “Bella Ciao” e piace non poco ai veri compagni. L’abito le si addice a pennello, al contrario di quello del capo dei gialli, che se l’è dovuto far entrare con la forza. Per gli italiani del Covid sarà sempre giacca e cravatta, ovvero come De Gasperi si presentava in spiaggia. Ecco perché l’avvocato di Volturara Appula, considerando il suo pragmatismo, potrebbe fare semplicemente un passo indietro e ritentare quell’esperimento che gli potrebbe aprire nuovi spazi. Se a sinistra il campo pentastellato è minacciato quotidianamente da una carismatica donna, che secondo i suoi fedelissimi prende ispirazione da Nilde Iotti, verso destra ci sono praterie, a parte Giorgia Meloni, la cui luna di miele non sarà infinita.
Il ministro nudo
Detto ciò, c’è bisogno di temi su cui convergere. Uno di questi potrebbe essere la parola magica del momento: garantismo. Dalla vicenda Cospito fino ai migranti, l’Italia chiede una svolta in tal senso. Il superamento del giustizialismo, ormai sempre più passato di moda, pertanto, potrebbe essere la chiave per riunire i balenieri delle aree interne. Altro che Guardia Costiera. Per tale ragione, si sceglie non un modello a caso, ma Luciano Violante, il giudice-piddino in grado di mettere insieme quella sinistra capace di uscire dal perimetro tradizionale quando si parla di grandi temi. Una cosa è certa, a parte la riuscita locale della kermesse, il ricordo di un grande uomo e le passerelle che serviranno solo a mettere in mostra qualche “trombone” o “trombato”, l’evento che si svolgerà ad Avellino darà all’Italia, o meglio ancora a un mondo in fuga, una nuova casa. L’entroterra, d’altronde, è stato sempre un laboratorio. Quale migliore occasione, quindi, per svelare il re nudo o in questo caso il ministro se non un’iniziativa organizzata dalla fondazione dello statista Sullo e del visionario di un tempo, ormai lontano, Guido Dorso.
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