“Altro che rumore, silenzio per Giulia”
CARLO GIOVANARDI, POLITICO
di CARLO GIOVANARDI – Facciamo rumore per Giulia: questo titolavano i giornali in occasione dei funerali di Giulia Cecchettin e tante piazze d’Italia hanno accolto l’invito della sorella di Giulia, a cominciare da quella di Padova.
Il rumore pertanto, inaspettatamente e all’improvviso, ha preso il posto del silenzio che da più di un secolo ha accompagnato le cerimonie funebri, a cominciare dall’11 novembre 1919 quando in mezza Europa nelle strade, nelle case, nei teatri la vita venne sospesa per ricordare con due minuti di silenzio i morti per la Patria nella Grande Guerra.
Da qui è nata la consuetudine di onorare i defunti con un minuto di silenzio che è, secondo gli Inglesi, che lo inventarono “Un periodo di contemplazione silenziosa, preghiera, riflessione o meditazione ” per esempio nelle manifestazioni sportive, quando si vuole ricordare un allenatore, un dirigente o un giocatore scomparso.
Lo stesso è accaduto e accade nel momento in cui i Sindacati invitano tutti i lavoratori ad osservare un minuto di silenzio in ogni luogo per commemorare le vittime del lavoro e richiamare tutti ad un impegno comune per la sicurezza sul lavoro.
Il silenzio, infatti, non è soltanto un rito luttuoso per piangere persone morte, “ma anche un augurio che la morte della persona scomparsa sia pianta, onorata, celebrata, serva a qualcosa, che non sia stata inutile”.
Ancora: “Il silenzio è lo strumento che l’essere umano ha di uscire dalla banalità e dall’ egocentrismo per disporsi all’ ascolto, alla comprensione e all’ accoglienza dell’altro oltre che a saper cogliere il fondamento dell’esistenza e della realtà”.
Mi domando allora se il rumore può prendere il posto di tutto questo.
Basta sfogliare la Treccani per scoprire che il termine rumore si riferisce a suoni “sgradevoli, fastidiosi, molesti o addirittura dannosi”, e fare rumore “creare uno stato di allarme o di tensione”, “suscitare scalpore e scandalo” o “imporsi all’attenzione generale suscitando subbuglio e confusione”.
Capisco le buone intenzioni di chi invita a fare rumore e di chi accoglie l’appello a farlo anche ai Funerali ma preferirei di gran lunga che questa nuova moda, spero effimera, non prenda il posto del silenzio, per il semplice motivo che facendo rumore si esorcizza e si vuole battere il male che si ritiene essere fuori di noi, mentre con il silenzio bisogna confrontarsi e vincere contro il male che è dentro ciascuno di noi.
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