Esteri

Alta tensione Cina-Taiwan dopo la fine delle manovre

di Ernesto Ferrante -


Le manovre militari della Cina intorno a Taiwan si sono concluse, ma la tensione tra la “provincia ribelle” e Pechino resta altissima. Le esercitazioni messe in atto dal Comando del Teatro Orientale dell’Esercito Popolare di Liberazione, sono state definite “ragionevoli, legittime e necessarie” dal Ministero degli Esteri cinese. Per la presidenza di Taipei, invece, si è trattato di “provocazioni militari unilaterali” e anche di “palesi provocazioni rispetto all’ordine internazionale” che suscitano “seria preoccupazione”.
Ad innescare la dura reazione della Cina sono state le parole pronunciate dal nuovo presidente William Lai (Lai Ching-te) durante la cerimonia di insediamento. La prova “muscolare” di 48 ore, che ha visto il coinvolgimento di esercito, marina, aviazione e forze missilistiche su tutti i lati dell’isola principale e intorno a quelle più piccole di Kinmen, Matsu, Wuqiu e Dongyin, ha dimostrato la capacità del “Dragone” di chiudere completamente lo spazio aereo e marittimo, bloccando l’arrivo di rifornimenti di qualsiasi tipo.
Lai viene accusato “spingere l’isola verso la guerra” con le sue esternazioni, che “sfidano il principio di un’unica Cina”. Questo si chiama “giocare con il fuoco e chi gioca con il fuoco finisce per bruciarsi”, si legge in una nota del ministero della Difesa cinese.
Da quando è entrato in carica, “il leader della regione di Taiwan ha sfidato il principio di un’unica Cina”, spingendo “i compatrioti di Taiwan verso il pericolo della guerra”, ha detto il portavoce, il colonnello Wu Qian. “Taiwan è Taiwan della Cina e come risolvere la questione di Taiwan è una questione che riguarda la popolazione cinese, oltre 1,4 miliardi di persone”, ha ribadito Wu, avvertendo che “ad ogni provocazione delle forze separatiste per ‘l’indipendenza di Taiwan’ le nostre contromisure faranno un passo in avanti fino alla completa riunificazione della madrepatria”.
Nel corso della conferenza stampa ordinaria del 24 maggio presso il Ministero cinese degli Esteri, il portavoce Wang Wenbin ha fatto sapere che, per salvaguardare il principio di “una sola Cina” e difendere la validità e l’autorità delle risoluzioni pertinenti dell’Assemblea Generale dell’Onu e dell’Assemblea Mondiale della Sanità, è stato deciso di non accettare la partecipazione della “regione di Taiwan” all’Assemblea Mondiale della Sanità di quest’anno, ricevendo l’ampio riconoscimento e il sostegno della comunità internazionale. L’esclusione sarebbe coerente con il principio di “una sola Cina”, cristallizzato nella risoluzione n. 2758 dell’Assemblea Generale dell’Onu e nella risoluzione n. 25.1 dell’Assemblea Mondiale della Sanità.
Lo scontro tra le parti ha coinvolto anche i rispettivi rappresentanti in Italia, con il “Giornale Diplomatico” a fare da ring. Per Jia Guide, l’Ambasciatore della Repubblica Popolare Cinese, “il principio di una sola Cina non può essere violato, le azioni separatiste dell’indipendenza di Taiwan non sono realizzabili e la tendenza alla riunificazione della Cina è irreversibile”. “Sostenere la politica di una sola Cina, aderire al principio di una sola Cina, significa non avere alcuna forma di scambi ufficiali con Taiwan”, ha rincarato la dose Jia, osservando che “chiunque tenti di sfidare questo principio fallirà. È una tendenza storica che non può essere fermata da nessuna forza”.
Posizione diametralmente opposta quella del funzionario diplomatico taiwanese, Vincent Tsai, per il quale “mantenere la pace nello Stretto di Taiwan è una responsabilità condivisa tra Taiwan e Cina”.“Secondo il diritto internazionale, ha spiegato ancora Tai, tra le condizioni che definiscono la sovranità di uno Stato vi sono quelle di possedere un territorio, una popolazione e un governo e la capacità di intrattenere relazioni con gli altri stati. Taiwan soddisfa pienamente tutti questi requisiti, dimostrando di essere stato sovrano indipendente”. E ancora: “Il presente e il futuro di Taiwan dipendono dalla volontà dei suoi 23 milioni di abitanti”.


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