Almasri, l’opposizione adesso se ne faccia una ragione (di Stato)
Al netto dei deliri dell’opposizione che per carità fa il lavoro suo (male, però), la questione del segreto di Stato sull’affaire Almasri esiste. Esisteva anche all’inizio di questa storia anche se va da sé che se il governo Meloni avesse deciso fin da subito di apporre il segreto di Stato, le opposizioni avrebbero immediatamente avuto da ridire, da stracciarsi le vesti. Chissà quali fatti indicibili da tenere nascosti dietro e sotto la vicenda del generale libico. Il quale, per la cronaca, dopo un tour europeo di 12 giorni non appena è arrivato in Italia è stato oggetto di una richiesta di arresto da parte della Corte penale internazionale. Perché non prima? Perché per esempio la Germania si è guardata bene dal maneggiare la patata bollente, visto che si tratta di un personaggio protetto dalla Turchia, Paese che ha legami importanti con Berlino. Ragion per cui la Germania ha fatto presente che Almasri scorrazzava liberamente in Europa da giorni solo dopo che aveva lasciato il Paese. Si chiama appunto ragion di Stato, ma ci arriviamo. Una volta arrestato in Italia, il governo ha deciso la scarcerazione e l’espulsione di Almasri con procedura d’urgenza: è stato immediatamente rimpatriato in Libia con volo di Stato in quanto “soggetto pericoloso”, presunto responsabile di crimini e torture in veste di capo della polizia giudiziaria libica. Noi su questo giornale abbiamo scritto da subito che il governo avrebbe dovuto gestire meglio la comunicazione sulla vicenda. Anche citare cavilli procedurali – il vizio di forma – come motivazione della scarcerazione non è stata una buona mossa: andava ribadita da subito la volontà politica di agire in nome della sicurezza nazionale. Per carità, il vizio di forma c’è: secondo la legge 237 del 2012 con la quale l’Italia ha adeguato il proprio ordinamento allo statuto della Cpi, è il ministro della Giustizia che “dà corso alle richieste formulate dalla Corte” al governo italiano, cioè è lui che dopo aver ricevuto il mandato d’arresto autorizza le forze dell’ordine a procedere. Invece il mandato, secondo quanto confermato dalla Corte d’appello, al Guardasigilli Carlo Nordio è arrivato quando la polizia aveva già arrestato Almasri. Insomma, dal momento che il ministro non è stato il primo a sapere del mandato e a dare “corso alle richieste formulate” dalla Cpi, i giudici della Corte d’appello non hanno convalidato l’arresto. Tutto vero, ma dire che la scarcerazione di Almasri è stata una decisione della Corte d’appello e non del governo può aver dato l’impressione di fare scaricabarile, mentre invece andava affermato chiaramente che la scelta è stata tutta politica. “Con i se e con i ma la storia non si fa”, è vero; con il senno di poi siamo tutti bravi a salire in cattedra, però a nostro avviso a livello di comunicazione andava fatta più chiarezza. Perché quando c’è confusione c’è chi ci vede la debolezza delle istituzioni, che invece dovrebbero sempre apparire solide e ben salde. Anche la questione del segreto di Stato – che peraltro può essere ancora opposto qualora il Tribunale dei ministri intendesse dare seguito all’indagine – è subordinata al punto focale, al fulcro di tutta questa storia: la ragion di Stato. Il governo ha fatto molto bene a espellere Almasri – era la decisione migliore possibile dopo che la Cpi in qualche modo ci aveva messo in mezzo. I rapporti tra Italia e Libia – quelli sì che dovrebbero essere protetti dal segreto di Stato a salvaguardia della sicurezza nazionale – hanno la priorità per tutta una serie di ragioni, in primis per quanto riguarda la collaborazione sul fronte del contrasto dell’immigrazione illegale. Insomma, le opposizioni se ne facciano una ragione: se salta la diretta tv alla Camera dell’informativa di oggi dei ministri Piantedosi e Nordio non è per nascondere nulla a nessuno – riferire in Parlamento è parlare ai cittadini italiani. La ragione di Stato avrebbe fatto muovere allo stesso modo di questo governo anche un esecutivo di centrosinistra – negarlo è fazioso. Si fa così quando è in gioco la sicurezza nazionale. Quindi i vari Conte e Schlein che parlano di complicità morale del governo con i crimini di Almasri e della premier Meloni che si sottrae alla sua responsabilità di riferire in Aula fanno sì il loro lavoro di esponenti dell’opposizione, ma lo fanno male. Perché l’affaire Almasri ha rafforzato la fiducia dei cittadini nella premier e nel governo, lo dicono i numeri. Quindi, le opposizioni se ne facciano una ragione (di Stato).
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