Esteri

Almasri, la Cpi chiede spiegazioni all’Italia. C’è tempo fino al 17 marzo

di Rita Cavallaro -


L’Aja indaga ufficialmente sulla “mancata consegna” del generale Almasri da parte dell’Italia. È infatti arrivata la notifica della Corte penale internazionale, che ha comunicato al governo italiano l’avvio di una procedura sul rilascio e il rimpatrio del torturatore libico, gravato da un mandato di cattura della Cpi emesso il 18 gennaio scorso, nello stesso giorno in cui il capo della polizia giudiziaria di Tripoli aveva messo piede nel nostro Paese, dopo un tour in giro per l’Europa di 12 giorni e una richiesta di arresto pendente dal 2 ottobre precedente. Nel documento trasmesso all’Italia dall’Aja, che aveva recepito una denuncia di una delle presunte vittime del torturatore in cui si chiedeva di mettere sotto accusa la premier Giorgia Meloni e i ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi per il rimpatrio di Almasri, la Camera preliminare, ovvero l’organo giudiziario della Corte penale internazionale, contesta a Roma una condotta “inadempiente” in merito alla mancata consegna all’Aja, da parte dell’Italia, del generale libico, accusato dalla Cpi di crimini contro l’umanità. L’avvio della procedura, inizialmente, era stato smentito dalla stessa Cpi con un comunicato stampa in cui sottolineava che non era stata avviata alcuna inchiesta sul governo, nonostante il procuratore Karim Ahmad Khan avesse istruito il caso, inviando al presidente del Tribunale internazionale una richiesta di effettuare accertamenti investigativi e trasmettendo il documento per il protocollo al cancelliere Osvaldo Zavala Giler. Alla base dell’accertamento, appunto, una denuncia contro il governo italiano per “ostacolo all’amministrazione della giustizia ai sensi dell’articolo 70 dello Statuto di Roma”, presentata per mail dai legali parigini di un rifugiato sudanese che già nel 2019 aveva raccontato agli investigatori internazionali le torture che lui e la moglie avrebbero subito in Libia. Nel documento di 23 pagine, la presunta vittima aveva espressamente chiesto alla Cpi di mettere sotto accusa Meloni, Nordio e Piantedosi, indicati come “sospettati” e rei, secondo gli avvocati, di aver “abusato dei loro poteri esecutivi per disobbedire ai loro obblighi internazionali e nazionali” nel momento in cui non hanno provveduto a consegnare il generale libico all’Aja. A pochi giorni da quella rassicurazione all’Italia, che nel mentre aveva chiesto chiarimenti alla stessa Cpi per gli errori nel mandato e le criticità tali da portare la Corte d’Appello di Roma a scarcerare Almasri, ieri la verità è venuta a galla, con la notifica dell’inchiesta trasmessa al nostro Paese, in cui la Cpi impegna inoltre l’Esecutivo a consegnare, entro trenta giorni, una memoria attraverso la quale ripercorrere il caso e fornire le spiegazioni sugli eventi che hanno portato al rimpatrio di Almasri il 21 gennaio scorso. “La camera preliminare I (la “Camera”) della Corte Penale Internazionale (la “Corte” o “CPI”)”, si legge nel documento, “invita con la presente la Repubblica Italiana (“Italia”) a presentare osservazioni per spiegare la mancata consegna alla Corte di Osama Elmasry-Almasri Njeem dopo il suo arresto in territorio italiano”. La Camera sollecita quindi Roma a “fornire, entro il 17 marzo 2025, informazioni relative alla mancata consegna” di Almasry alla Corte e chiede addirittura conto al governo Meloni della “mancata cooperazione sulla perquisizione e il sequestro dei materiali” del generale libico. In ogni caso la Camera, “prima di qualsiasi accertamento di mancata cooperazione, ascolterà lo Stato richiesto”, si legge nel documento. E la sinistra, forte dell’offensiva della Cpi contro il governo, torna al braccio di ferro sul caso Almasri. Le opposizioni, infatti, ieri hanno chiesto nuovamente un’informativa urgente del Guardasigilli Nordio in aula alla Camera, per chiarire alcune incongruenze legate alla gestione della vicenda. A richiedere un’ulteriore informativa in Parlamento del ministro della Giustizia, i deputati Federico Fornaro del Partito democratico, Marco Grimaldi di Alleanza Verdi e Sinistra e Federico Cafiero de Raho del Movimento 5 Stelle, che pretendono in particolare una serie di chiarimenti in merito ad alcuni documenti non trasmessi dal ministro alla Camera.


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