Allegri, l’ultimo numero del circo del calcio
Non sarà solo per il fatto che sia governato da flussi di denaro da tempo indipendenti dai risultati e dagli applausi reali del “pubblico pagante” che ormai il mondo del calcio nostrano, specchio rigato della periferia di altri pianeti, europei e arabi, assomiglia sempre più ad un circo malandato. O, meglio, ad un teatrino dove tutto è possibile. E dove le regole – sia pure note, chiare e da tutti richiamate – contano come il tre di briscola. Per tutti: presidenti, direttori sportivi, allenatori, calciatori, tifosi.
L’ultimo siparietto, con Massimiliano Allegri, non proprio l’allenatore di una squadra di Serie D. Chissà quanto impensierito – per noi, pochissimo – dal suo prossimo addio alla Juventus per lasciare la panchina a Thiago Motta, Allegri in una sola serata ha vinto la sua quinta Coppa Italia, mandato al diavolo l’arbitro e il quarto uomo, delegittimato il designatore arbitrale Gianluca Rocchi, allontanato dall’erba il ds della sua squadra con cui non parla da mesi, duellato con il direttore di un quotidiano sportivo che ha minacciato di andare a cercare per staccargli le orecchie e alla fine ha accusato la società che gli paga 7 milioni annui di concertare markette con il suddetto quotidiano.
E cosa succede? Si becca solo due giornate di squalifica, la Juve centellina l’esonero “per giusta causa” con l’occhio agli ultimi 7 milioni che gli deve, la Procura federale apre un’inchiesta che chissà che fine farà. Mentre un suo collega, Stefano Pioli, derubrica la questione da improvvisato psicologo, parlando della difficoltà di gestire “critiche e aspettative”. Non c’è da stupirsi. I tifosi si sfidano negli stadi e sulle autostrade, fregandosene delle multe per il razzismo e delle curve chiuse. Ci sono presidenti, come Aurelio De Laurentiis, capaci di gettare alle ortiche in pochi mesi uno scudetto e i possibili guadagni della Champions per fare di testa propria. E ci sono calciatori (è vero, succede da almeno 60 anni) che cambiano maglia, anche in una sola stagione, come capita per un ristorante da un sabato all’altro. E ci sono ancora allenatori che fingono di ringraziare il “pubblico pagante” per i risultati raggiunti. Tutti campionissimi. Di ipocrisia.
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