Alleanza Conte-Meloni, Borghi (Iv): “Il settimo cavalleggeri è bene che rimanga occulto per intervenire al momento del bisogno”
ENRICO BORGHI POLITICO
“Il settimo cavalleggeri è bene che rimanga occultato per poter intervenire allo squillo della tromba, ovvero quando si porrà il problema di una crisi di maggioranza”. A dirlo Enrico Borghi, capogruppo di Azione-Italia Viva al Senato.
Da diverso tempo sostiene l’esistenza di un’alleanza occulta tra M5S e FdI. In base a quali elementi?
Diversi elementi lo certificano: alcuni di natura tattica e altri di natura strategica.
Cosa intende per tattica?
Basti pensare all’accordo raggiunto tra Meloni e Conte sulla Rai. I pentastellati hanno partecipato da protagonisti alla spartizione in termini istituzionali, ottenendo la presidenza della commissione di vigilanza dopo che Conte all’indomani dell’elezione di La Russa attaccava Renzi dicendo che i voti segreti al candidato di FdI erano stati sottobanco da Italia Viva in cambio di un accordo per la Boschi presidente. Abbiamo, invece, assistito all’elezione della senatrice grillina Floridia a capo della vigilanza. Altro elemento, poi, è la decisione del M5S di entrare mani e piedi nella trattativa, rivendicando per sé una serie di caselle, che ha nei fatti ha ottenuto.
C’è stata, quindi, un’evidente trasformazione…
Il M5S è passato dall’essere antagonista al sistema a diventarne parte integrante. Va ricordato un antico refrain: la Rai anticipa i movimenti politici successivi. Il posizionamento che avviene intorno a quell’azienda ha sempre a che vedere con gli assetti di potere del Paese. Dopodiché c’è stata la vicenda che ha consentito a Meloni di levarsi dall’impiccio e dall’impaccio della vicenda Santanchè.
A cosa si riferisce?
Alla presentazione di una mozione di sfiducia, fatta di gran carriera, che ha consentito di suturare immediatamente una ferita che si stava aprendo e andava sanguinando sempre più. Non dimenticherò mai che Boccia in una delle prime sedute sul caso escluse la disponibilità dei suoi a supportare qualsiasi mozione di sfiducia. In quella fase, nessuno aveva edotto i gruppi di opposizione circa la volontà di predisporla. Il senatore Patuanelli, però, all’insaputa di tutti, un giorno si alza e annuncia il deposito di una mozione di sfiducia, obbligando il capogruppo dem a rimangiarsi quanto detto su input della Schlein e obbligando il Pd a rincorrere i pentastellati verso uno strumento che aveva come unico effetto chiudere la discussione parlamentare. Proviamo, invece, ad immaginare cosa sarebbe accaduto se il M5S non avesse presentato la mozione.
Cosa?
La polemica attorno alla ministra Santanchè avrebbe potuto assumere una dimensione molto più consistente, cosa che non è avvenuta per un assist di Conte a Meloni.
Questa, però, è anche l’estate delle convergenze strategiche…
Assolutamente! La prima convergenza tra Meloni e Conte è la pantomima che abbiamo visto in sala verde attorno al salario minimo, cioè una parvenza di discussione attorno a un disegno di legge che vede come primo firmatario l’avvocato di Volturara Appula. Se in un primo momento Meloni aveva radicalmente escluso una discussione sul tema, giudicandolo completamente sbagliato, poi ha cercato un dialogo. C’è pure l’elemento relativo al decreto sulla patrimoniale per il mondo del credito, su cui Conte ha rivendicato la paternità dell’idea. Se a questo, infine, ci aggiungiamo la considerazione della giornata e cioè il fatto piuttosto clamoroso che la premier decide di non andare a Cernobbio, in un ambiente sulla carta favorevole a un governo di destra, è evidente come Meloni stia tentando una svolta, anche sul piano economico, per avvicinarsi a Conte.
In che senso?
La premier fa deragliare la propria politica economica dai binari lasciati da Mario Draghi per collocarla su parole d’ordine molto affini al M5S. Mi riferisco a dinamiche corporative, protezioniste, spesa pubblica a debito e patrimoniali. Su questo c’è un elemento di affinità strategica, altro che punti di contatto, tra M5S e FdI.
Perché questo patto ha difficoltà a uscire allo scoperto?
Il settimo cavalleggeri è bene che rimanga occultato per poter intervenire allo squillo della tromba, ovvero quando si porrà il problema di una crisi di maggioranza.
Lucia Annunziata, a differenza sua, soltanto ora ha sollevato il problema. Quali le ragioni di tutto questo ritardo?
È una domanda da porre alla diretta interessata. Annunziata forse prova a mettere in guardia il Pd. Questa, però, è una mia interpretazione personale.
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