Torino

Alle Gallerie d’Italia la retrospettiva di Carrie Mae Weems per Exposed

di Redazione -


Si è inaugurata il 16 aprile la seconda edizione di Exposed-Torino Foto Festival diretta da Menno Liauw e Salvatore Vitale, dal titolo “Beneath the surface”, un invito a godere delle opere esposte come rivelatrici di storie sepolte, dimenticate o ignorate. Dodici grandi mostre che trattano temi scottanti che spaziano dal cambiamento climatico alle ingiustizie sui deboli e gli emarginati, dall’impatto dell’IA sulla fotografia fino alle atrocità del colonialismo. L’americana Carrie Mae Weems era tra le artiste più attese di Exposed e le Gallerie d’Italia le hanno dedicato una grande retrospettiva che la stessa artista ha presentato in dialogo con la curatrice della mostra, Sarah Meister giovedì nel tardo pomeriggio in un incontro esclusivo con il pubblico. La mostra “Carrie Mae Weems-The Heart of the Matter” ripercorre le tappe salienti della sua carriera punteggiata da grandi riconoscimenti, come la personale che gli ha tributato il Guggenheim di New York nel 2014, diventando la prima artista afroamericana nella storia chiamata ad esporre nella prestigiosa istituzione. Nata a Portland nel 1953 ha iniziato a vent’anni indagando la propria realtà di donna nera in relazione con la città natale, gli amici, la famiglia. Man mano da soggetto è diventata testimone e agente della storia, il suo sguardo, da introspettivo e intimo, si è concentrato sull’identità culturale, sui temi dell’inclusione e dei diritti degli afroamericani, documentando la vita degli oppressi, in un clima culturale che tendeva a prevaricare le minoranze etniche.

In oltre trent’anni di attività ha saputo svelare la realtà oltre l’apparenza con il suo stile duro ma dal tocco raffinato, raccontando le ingiustizie subite dagli emarginati e le discriminazioni di genere e razziali, spaziando dalla fotografia alle video installazioni. La retrospettiva presenta le opere più rappresentative provenienti dalle sue serie più note, tra cui la storica Kitchen Table Series (1990), in cui ha iniziato a forgiare la propria voce autoriale con la messa in scena di un immaginario melodramma domestico intorno al tavolo della cucina dove si riuniscono amici, amanti e familiari, di volta in volta il tavolo diventa teatro di convivialità e spensieratezza, confessionale, testimone di intimità e solitudine; Museums (2006 – in corso), oltre a progetti più recenti come Scenes and Takes (2016), Painting the Town (2021) e installazioni video tra cui The Shape of Things (2021) e Leave Now! (2022). Quest’ultima di forte impatto emotivo è dedicata al nonno dell’artista, Frank Weems che, dato per morto in seguito a un brutale pestaggio da parte di una folla di bianchi, era fuggito a Chicago. L’opera, che affronta il tema del trauma generazionale della migrazione involontaria, ricrea un teatro dei primi del Novecento con tende di velluto rosso che si aprono su uno schermo in cui viene raccontata in cinque parti la storia del nonno intrecciata a foto e video d’archivio che mostrano le riunioni sindacali a cui si era unito il nonno, le cerimonie del Ku Klux Klan e la Grande Migrazione afroamericana verso nord.

Il cuore della mostra è l’ultimo progetto “Preach”, commissionato da Intesa San Paolo per questa speciale occasione, un’installazione che si concentra sulla spiritualità e i luoghi di culto degli afroamericani nell’avvicendarsi delle generazioni, esplorando la connessione tra il rapporto con il trascendente e la resistenza all’oppressione razziale, castigando la crudeltà e le discriminazioni subite dalle comunità nere. In questa serie di opere Weems indaga tutti quei siti di culto che vanno sotto il nome di Black Church che sono stati i luoghi di resistenza contro i movimenti anti-neri, quei luoghi dove si è nutrita la forza spirituale anche di grandi personaggi come Martin Luther King, Rosa Parks e Malcolm X. Una sorta di sacra trincea in cui difendersi dai violenti attacchi dei suprematisti bianchi a suon di sermoni magniloquenti, cori trascinanti, devoti in estasi che invocano la liberazione danzando sulle note di Duke Ellington. Al centro della sala dove sono esposte queste foto c’è anche una suggestiva installazione scultorea immersiva, una composizione di remi e pagaie di legno in posizione verticale che evocano i pericolosi viaggi transoceanici degli schiavi. Il titolo dell’opera A Way Home allude alla promessa di salvezza che sosteneva spiritualmente il calvario degli schiavi.

Il festival per la prima volta sarà quasi totalmente gratuito. Obiettivo dichiarato di questa seconda edizione di EXPOSED Torino Foto Festival è coinvolgere un pubblico ampio, con un occhio di riguardo ai giovani.  Di qui la scelta di rendere la manifestazione accessibile gratuitamente a tutti (su prenotazione tramite Qr Code), o con un prezzo speciale di 5 euro per la mostra alle Gallerie d’Italia – Torino Carrie Mae Weems: The Heart of the Matter. Il Pass digitale potrà essere utilizzato dal 16 aprile al 2 giugno. Per averlo, è sufficiente cliccare su https://bit.ly/passexposed2025.

Giuliana Prestipino iltorinese.it


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