Esteri

Allargamento dell’Ue e strategia di difesa comune: “Una nuova identità?”

di Redazione -

URSULA VON DER LEYEN, VOLODYMYR ZELENSKY


Nella giornata di martedì 11 Luglio 2023 presenteremo l’Articolo come indicato in titolo nella V Summer School e Conferenza di Ventotene “Ex pluribus unum: le identità in Europa”, organizzata dall’Associazione Per l’Europa di Ventotene.

Il paper utilizza come base concettuale di riferimento la solidità strutturale del preambolo “Trattato sull’Unione Europea” ove vengono richiamati tutti i valori fondanti che vanno dalle identità culturali, religiose e umanistiche, i valori universali dei diritti inviolabili e inalienabili della persona, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza e dello Stato di diritto, fino a promuovere il progresso economico e sociale dei popoli, istituendo una cittadinanza comune alle popolazioni degli Stati membri.

L’Unione Europea, in seguito al conflitto scaturito dall’invasione dei territori ucraini da parte della Federazione Russa, ha rafforzato lo strumento operativo chiamato European Peace Facility (EPF) adottato nel 2021 che ha come obiettivo quello di prevenire i conflitti, costruire la pace e rafforzare la sicurezza internazionale come già previsto dall’articolo 21 del TUE. Lo scenario geopolitico delineato nel vicinato ha, di fatto, accelerato alcune decisioni e dibattiti all’interno dell’Unione quali, ad esempio, la Politica Estera e di Difesa Comune, l’integrazione europea ed il rapporto con la NATO. Obiettivo primario di tale ricerca è indagare sulle cause che non hanno consentito, almeno fino ad oggi, ad una piena integrazione europea in termini di politica estera e di difesa comune e di definire l’impatto della guerra in Ucraina nel breve periodo, sullo sviluppo della politica di sicurezza e difesa comune (PSDC).

L’aspetto di innovazione che si cerca di individuare potrebbe essere quello di una definitiva politica estera e di difesa comune totalmente integrata, e non più con la “…graduale definizione di una politica di difesa comune dell’Unione…” come recita il comma 2) dell’art.42, nel rispetto delle capacità economiche, finanziarie e militari dei singoli Stati membri, al fine di promuovere una nuova identità europea, forte di uno status di attore globale e capace di produrre di sicurezza a livello regionale.

Infine, in base allo studio quantitativo dei dati si prospetteranno delle raccomandazioni in vista di una politica di difesa comune capace di superare i nodi ostativi irrisolti e di inglobare il sentimento di forte integrazione dei cittadini europei in risposta alla recente percezione di sicurezza comune estrapolata dai sondaggi dell’eurobarometro nel 2022.

Il presente lavoro si propone, quindi, di analizzare lo stato attuale del processo di integrazione della politica di difesa comune europea e persegue un duplice obiettivo: da un lato, evidenziare le problematiche ed i nodi politici irrisolti che ne ostacolano una piena realizzazione e dell’altro, esaminare l’impatto della guerra in Ucraina sull’integrazione in ambito difesa, valutando anche i costi determinati da una cooperazione militare non pienamente compiuta sia dal punto di vista politico, strategico, economico che sociale.

Nella prima parte, il documento offre una ricostruzione storica sul processo evolutivo della politica di difesa comune in atto partendo dalle origini della prima forma di integrazione europea non compiuta, ossia la CED, poi fallita, fino alla stipula del trattato di Lisbona, entrato in vigore nel 2009. Nella seconda parte, lo studio si focalizza sulla cooperazione istituzionale tra UE e NATO dagli accordi Berlin Plus fino alla dichiarazione congiunta del 2023 in cui vengono definite le aree prioritarie di collaborazione tra le due organizzazioni, in risposta alla brutale aggressione militare in corso in Ucraina da parte della Federazione Russa.

La relazione UE-NATO è oggetto di indagine da una prospettiva di sfide e minacce comuni dovute ai nuovi contesti geopolitici, utile a descrivere quanto sia essenziale la complementarità di questo legame per il reale sviluppo di una politica di difesa comune che vede l’Unione europea ambire ad essere il secondo pilastro dopo quello USA nella NATO. In tale documento si è voluto indagare sull’oscillazione in termini di velocità, accelerazioni e/o rallentamenti che subisce il processo di integrazione europeo nel settore della difesa in merito ad uno shock esogeno recente, facendo riferimento soprattutto ad un evento straordinario come una guerra nel Vecchio Continente. L’articolo, si conclude con un’analisi dei nodi politici irrisolti con particolare riferimento alla difficoltà almeno nel breve periodo di una reale spinta alla politica di difesa comune in risposta alla crisi conflittuale in Ucraina.

 

di Raffaele Madaio (Ph.D al primo anno presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Giuridiche dell’Università “Guglielmo Marconi.”, con esperienza militare ed accademica nel settore della sicurezza e della difesa europea)

Dall’indagine condotta attraverso fonti primarie e secondarie è emerso che nel breve periodo non si evidenziano particolari spinte strutturali o innovative in merito alla politica di difesa comune dell’Unione. La situazione emergenziale scaturita dal conflitto, da un punto di vista militare, ha favorito considerazioni strategiche nazionali con impatto immediato per molti Paesi dell’Unione a discapito di politiche a medio e lungo termine, fondamentali per un’Europa che ambisce al ruolo di Attore globale. Gli stati maggiori delle varie difese europee si sono concentrati prevalentemente sul rimpiazzare le scorte militari di munizioni non più adeguate ai nuovi ritmi operativi legati all’intensità del conflitto ed a colmare vecchie lacune legate ai vari sistemi d’arma non più idonei allo scenario di crisi internazionale.

La difesa rappresenta uno degli aspetti più sensibili della sovranità nazionale e i governi hanno voluto mantenere, ad oggi, il controllo a costo dell’inefficienza della politica di difesa comune. Tra le ragioni di queste scelte troviamo diversi imperativi geografici, cultura strategica, dottrine militari, alleanze internazionali e budget. Secondo i dati dell’ultimo rapporto SIPRI dell’Istituto di ricerca sulla pace di Stoccolma, il 52% dei progetti di sviluppo di capacità militare restano di base nazionale e solo il 18% vedono una collaborazione di tipo bilaterale o multilaterale.

Risulta difficile nell’immediato, nonostante gli sforzi delle varie Istituzioni europee coinvolte nelle materie di sicurezza e difesa, superare le diverse norme nazionali che regolano il procurement militare. In alcuni Paesi membri, esistono precise limitazioni legate alla cooperazione nel campo della difesa che impattano in modo negativo sui progetti europei legati alla costruzione di una base industriale tecnologica europea. Sarebbe auspicabile una maggiore integrazione tra i Paesi membri per evitare inutili duplicazioni e favorire la mobilità militare e l’interoperabilità.

Infine, l’Unione europea ha la necessità strategica di una piena autonomia in ambito difesa per ambire allo status di Attore globale ed affermare una nuova identità europea capace di creare solide basi per una politica di difesa totalmente integrata. Nell’Aprile del 2022 l’Eurobarometro ha condotto un rapido sondaggio su cosa pensassero i cittadini europei circa il supporto dell’Unione europea all’Ucraina. Quasi il 75% delle persone intervistate si sono dimostrate favorevoli agli aiuti europei e circa il 69% si è dimostrato favorevole alla cooperazione militare all’interno della UE.

Il fattore che maggiormente dovrebbe favorire una piena integrazione nell’ambito dell’UE è la tendenza al superamento della sovranità nazionale da parte dei Paesi membri, spesso il principale ostacolo ad una difesa con bandiera comune.

di Claudio Lisi  (Ph.D al primo anno presso l’Università degli Studi Guglielmo Marconi, Dottorato di ricerca in Scienze Giuridiche e Politiche – XXXVIII Ciclo con progetto di ricerca sulle “Prospettive per un modello unico integrato di difesa degli Stati Uniti d’Europa” applicato all’intelligence. Senior Security Manager certificato UNI 10459:2017 con oltre 20 anni di esperienza nel settore della security aziendale, dell’intelligence e del controspionaggio industriale)

I molteplici allargamenti negli anni hanno favorito una maggiore stabilità del continente europeo soprattutto in base all’art. 42 comma 7 del TUE ma allo stesso tempo hanno reso assai meno efficace l’azione politica dell’UE a causa di una maggiore cultura statuale che ha allontanato il processo di integrazione così come previsto dal Preambolo del Trattato sull’Unione europea, indebolendo il carattere sovranazionale della UE. Come riportato da illustri rappresentanti delle nostre Istituzione, e cito il Governatore della Banca d’Italia, come «l’Unione europea sia nata dalle ceneri della Seconda guerra mondiale ed oggi costituisce la seconda area economica del mondo e la prima per quota del commercio internazionale di beni e servizi con un percorso che culmina idealmente nel “Manifesto di Ventotene”, scritto, con il fondamentale contributo di Eugenio Colorni, da Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi nell’inverno del 1941, nel confino dell’isola pontina».

Sicuramente l’aspetto dell’allargamento ha creato nel nostro continente pace e stabilità ma allo stesso tempo l’Unione europea è divenuta un duplicato civile della NATO poiché gli Stati membri non sono ancora del tutto integrati all’interno di un quadro decisionale sovranazionale su alcune tematiche sensibili come le politiche di difesa e sicurezza comune. Inoltre, il carattere sovranazionale dell’UE è stato indebolito da vari allargamenti che hanno molto spesso ostacolato le politiche strategiche dell’Ue da parte di alcuni governi, soprattutto dell’Est Europa, che in maniera strumentale hanno paralizzato il funzionamento delle Istituzioni europee in quanto, il sistema istituzionale comunitario, richiede l’unanimità quando si discute di tematiche relative a politiche strategiche.

Una prima opzione plausibile per assicurare politiche strategiche realmente integrate potrebbe essere quella di riformare dall’interno l’UE facendo una netta differenza tra i Paesi che intendono perseguire l’obiettivo di un’Unione politica e militare da quelli che sono interessati solo al mercato unico commerciale ed economico e, una seconda strada percorribile potrebbe essere quella della riforma dell’articolo 24 del Trattato della UE, prendendo in seria considerazione la maggioranza qualificata, cd. doppia maggioranza, principio ampiamente applicato dal Consiglio dell’Unione europea quando si verificano contemporaneamente le condizioni del 55% degli Stati membri che vota a favore del provvedimento e quando gli Stati membri che appoggiano la proposta rappresentano almeno il 65% della popolazione totale dell’Unione europea.

La difesa è uno degli aspetti più sensibili della sovranità di uno stato e tutti gli Stati membri, attualmente, mantengono quella cultura statuale sovrana che spesso si contrappone ai valori dell’integrazione lasciando spazio ai sostenitori del sovranismo ed antieuropeismo. Inoltre, una reale integrazione dal punto di vista della politica estera e di difesa comune eviterebbe probabili ingerenze esterne, strumentali alla realizzazione di una totale integrazione europea. L’Unione europea necessita ormai di un’evoluzione interna che consenta una piena integrazione, economica e politica, al fine di proporsi come un reale attore globale capace di prevedere ed affrontare scenari futuri e di essere unico interlocutore delle grandi potenze mondiali.


Torna alle notizie in home