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Alla faccia del patriarcato: il no di mamma al killer Turetta

di Redazione -



La mamma e il papà di Filippo Turetta hanno rinunciato ad incontrare il figlio in carcere. Nicola Turetta ed Elisabetta Martini, nonostante il mercoledì non fosse giorno di colloqui con i detenuti del reparto infermeria, avevano ottenuto il permesso da parte del Pm Andrea Petroni per l’incontro, ed erano attesi alla casa circondariale di Montorio, a Verona. Eppure, i due non hanno seguito l’avvocato difensore Giovanni Caruso per il colloquio, decidendo di rimandare la visita in carcere e quindi quello che sarebbe stato il primo incontro con il figlio dal giorno della scomparsa e dell’omicidio di Giulia Cecchettin.

La mamma e il papà di Turetta rimandano la visita: necessario aiuto psicologico

Una scelta motivata non solo dalla particolare attenzione mediatica che il caso ha attirato sulla famiglia, ma anche e soprattutto dalla necessità di ricorrere a un aiuto psicologico, sia per il giovane che per i due genitori, con possibilità della presenza di esperti in quello che poi sarà (o potrebbe essere) il primo incontro familiare dopo le violenze del killer. Ed è proprio sullo stato psichico di Turetta che potrebbe addentrarsi la strategia dei legali della difesa. Ancora, tuttavia, l’avvocato Caruso non ha disposto alcuna perizia psichiatrica con la formula dell’incidente probatorio, anche se questa ipotesi sarebbe emersa durante l’interrogatorio in carcere in cui il 22enne ha confessato l’omicidio di Giulia Cecchettin e ha fatto intendere di essere stato colto da un “raptus”. Raptus che però, non sembrerebbe credibile, a partire proprio dagli atti che non provano diagnosi pregresse di problemi mentali. A non crederci, il padre di Giulia, Gino Cecchettin, che si è già detto pronto a opporsi


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