Attualità

Albania, entrano in funzione i centri per 3mila migranti

di Claudia Mari -


I centri per migranti in Albania, previsti dall’accordo tra Roma e Tirana, sono pronti a entrare in funzione, con l’apertura prevista per la prossima settimana. Lo ha annunciato il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, sottolineando che il governo è preparato a far partire le operazioni. Le strutture sono state progettate per ospitare fino a 3.000 persone e fanno parte di una strategia per gestire i flussi migratori dall’Africa e dal Medio Oriente verso l’Italia. I migranti ospitati saranno richiedenti asilo soccorsi da navi militari italiane, provenienti da Paesi ritenuti “sicuri”, secondo un elenco che ne include 22. I centri, situati a Shengjin (accoglienza) e Gjader (trattenimento ed espulsione), si caratterizzano per una gestione di “contenimento leggero”, senza filo spinato, a differenza dei più rigidi CPR. Ma come funzioneranno? I centri seguiranno una logica di gestione rapida delle richieste di asilo, cercando di completare le procedure entro quattro settimane. In particolare, il centro di prima accoglienza al porto di Schengjin, a gestione italiana, è dove verranno effettuate le procedure di ingresso (identificazione e registrazione) delle persone ricollocate in Albania ed ha una capienza di 200 persone. Il sito di Gjader invece si divide in un centro per il trattenimento di richiedenti asilo (880 posti), un Cpr (144 posti) e un penitenziario (20 posti). Come emerso nei mesi scorsi, i militari italiani hanno costruito strade, fognature, serbatoi ed edifici. La spesa complessiva per i centri per i migranti in Albania è stimata in 653 milioni di euro nell’arco di cinque anni, con circa 30 milioni destinati alla gestione diretta delle strutture. I costi principali derivano dalle indennità di trasferta per il personale italiano (252 milioni) e dal noleggio di navi per il trasporto tra Italia e Albania (95 milioni), oltre ai servizi di vigilanza (94 milioni). Il modello italo-albanese ha ricevuto elogi internazionali, con il premier britannico Keir Starmer che si è detto interessato a esplorare soluzioni simili per il Regno Unito. Resta da vedere se questo approccio riuscirà a raggiungere gli obiettivi del governo italiano, ovvero ridurre il numero di sbarchi e gestire in modo più efficiente i flussi migratori.


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