Attualità

A Parigi no di un tunisino alla gara a bocce con un israeliano per la “causa palestinese”

di Angelo Vitale -


Quando la “causa palestinese” può diventare pure motivo dirimente per svolgere o meno una gara di bocce: non è successo su un campetto di periferia ma alle Paralimpiadi di Parigi 2024. L’atleta tunisino Achraf Tayahi si è rifiutato di partecipare alla gara di bocce contro l’israeliano Nadav Levi e non si è presentato alla sfida prevista oggi alle Paralimpiadi di Parigi.

Lo ha reso noto una fonte della delegazione tunisina, spiegando al sito di informazione Al-Araby Al-Jadeed che Tayahi si è ritirato dalle Paralimpiadi per evitare di giocare contro l’israeliano e che la sua decisione “rappresenta una vittoria per la causa palestinese”.

Levi ha quindi vinto la gara con Tayahi per il suo ritiro e stasera affronterà il brasiliano Maciel Santo. La “vittoria” vantata da Tayahi cede il passo, sul tabellone dei giochi Paralimpici, alla necessità di proseguire le gare.

Un’avventura, quella di Tayahi e dei suoi compagni a Parigi, che era stata raccontata come ispirata da toni lirici da Francois Mazet, inviato di Rrfi: “Si tratta della loro prima Paralimpiade e anche una delle prime volte che lasciano la Tunisia per partecipare a una competizione internazionale: Ayed Ben Youb, 25 anni, Maha Aounallah, 26 anni, e Achraf Tayahi, 31 anni, hanno scoperto le bocce in centri specializzati. E per loro, che soffrono di gravi disabilità motorie fin dalla nascita, lo sport ha cambiato la vita”. Lo aveva spiegato a Mazet proprio l’atleta che si è reso protagonista di questa singolare protesta: “”Ho scoperto questo sport al centro, ed eccomi qui come atleta paralimpico. E’ una cosa fantastica. Le bocce mi hanno aiutato molto, a comunicare con gli altri, a integrarmi, a incontrare persone. È un grande motivo di orgoglio: mi dà l’impressione di fare qualcosa di positivo, partecipando a questo grande evento. E spero di ottenere un buon risultato. La boccia è diventata tutta la mia vita, la mia anima, il mio amore”.

Poi, la scelta politica che ha sopravanzato ogni amore per lo sport e per l’inclusione che può favorire.


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