Dossier Ai

Nella guerra per l’Ai ora scende in campo il Giappone

di Giovanni Vasso -

epa11857922 The SoftBank logo is seen at a store in Tokyo, Japan, 28 January 2025. SoftBank Group shares declined on the Tokyo stock market on 28 January following the so-called 'DeepSeek shock,' which affected artificial intelligence-related stocks. SoftBank Group Corp is a key participant in a 500 billion US dollar AI investment project in the United States. EPA/FRANCK ROBICHON


La risposta all’offensiva cinese sull’Ai passa dal Giappone: in attesa di recuperar fondi per Stargate, la banca nipponica Softbank investirà fino a 25 miliardi di dollari in OpenAi. Il Ceo Masayoshi Son potrebbe decidere di aumentare la sua partecipazione diretta nel capitale sociale dell’azienda che edita ChatGpt rafforzando così la sua posizione sul delicatissimo fronte della guerra hitech tra Occidente e Pechino. L’investimento potrebbe oscillare da un minimo di quindici fino a un massimo di 25 miliardi. Cifre folli che andrebbero a rafforzare la posizione dei giapponesi che hanno già investito un miliardo e mezzo nella startup Ai americana. Che, col denaro fresco che potrebbe arrivare nell’eventualità di un accordo, Sam Altman potrebbe aver trovato risorse utili a metter su un maestoso data center in Texas. Per la banca, però, si tratta anche di una reazione diretta alle notizie giunte dalla Cina e, in particolare, legate al rilascio di DeepSeek, il modello “economico” che sembra aver riscritto le regole d’ingaggio nella ricerca sull’Ai. Notizie che hanno causato sconquassi sul mercato finanziario. La stessa Softbank, già in OpenAi e coinvolta in prima persona sulle trattative per il progetto Stargate, ha visto i suoi titoli azionari perdere fino al 12 per cento del loro valore in pochi giorni. Il protagonismo del Ceo Masayoshi Son potrebbe, però, essere solo all’inizio. Il banchiere nipponico, molto apprezzato da Donald Trump, recita un ruolo fondamentale di mediazione tra Washington e Tokyo. Che hanno più di un interesse in comune. Il primo, e più pressante, punto d’azione e di unione tra Usa e Giappone: quello di mettere un argine all’ascesa digitale e nell’Ai delle start-up cinesi.


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