Trattori su Bruxelles, da Berlino a Palermo agricoltori in rivolta
La protesta agricoltori e autotrasportatori all'ingresso del casello autostradale di Foggia, 23 febbraio 2022. Dalla Calabria, alla Campania, alla Puglia, ma anche nel porto di Ravenna: si moltiplicano sulle strade d'Italia le proteste dei tir contro il caro-carburante, che rischia di penalizzare fortemente il settore dell'autotrasporto. E anche parte del mondo politico delle Regioni si mobilita per chiedere al governo un intervento urgente e decisivo. Stamattina intanto un camionista che stava protestando sulla statale 16, nel Foggiano, è stato ferito al fianco da un automobilista con un'arma da taglio, in modo non grave. ANSA/ FRANCO CAUTILLO
Trattori su Bruxelles: la rivolta degli agricoltori. Se c’è una cosa che sta unendo, davvero, l’Europa di oggi è la protesta dei coltivatori. Da Berlino a Varsavia, da Parigi a Bucarest e fino alla Sicilia. Si alza, fortissima, la voce di chi non ne può più della burocrazia green che sta mettendo a repentaglio il futuro dell’agricoltura europea. Dagli aumenti del diesel fino ai balzelli verdi e ai regolamenti che impongono il paradosso di non coltivare per “ripristinare” la natura o di dover produrre di meno affinché i mercati locali possano essere invasi dalla concorrenza straniera. E, in mezzo, le emergenze legate ai danni procurati dagli animali selvatici, dai cinghiali ai lupi, che continuano indisturbati a danneggiare gli affari di agricoltori e allevatori che, da parte loro, non possono far nulla per contrastarne il proliferare. A completare il quadro desolante della situazione, i continui rincari delle materie prime. A cominciare dai prodotti utili a combattere insetti e parassiti. Eppure, qualcosa si sarebbe dovuto pur imparare dalla crisi esplosa dopo l’inizio della guerra in Ucraina. L’Europa, per un momento, ha rischiato di ritrovarsi senza materie prime, senza cereali. Si è parlato, a lungo, di potenziare la produzione continentale, l’espressione sicurezza alimentare è diventata trend topic. Poi, però, le cose hanno preso una piega diversa. E così sono stati approvati i regolamenti green che hanno paragonato gli allevamenti all’industria pesante e, contestualmente, quelli per imporre di non coltivare fino parte del territorio Ue con l’idea abbastanza fumosa ed ideologica di “ripristinare la natura”. Intanto, però,- il grano ucraino ha invaso mercati che non ne avevano bisogno. Come quelli polacco e rumeno. In Olanda e in Belgio, invece, sono state abbattute intere mandrie, evidentemente poco sostenibili. Così anche in Francia e in Germania. Ma l’ultima goccia riguarda gli aumenti dei carburanti. Si capisce che alle proteste si siano uniti anche gli autotrasportatori. Perché questi aumenti fanno scopa con la vexata quaestio dell’elettrificazione del parco veicoli Ue, anche quelli da lavoro. Il Green Deal passa da questo. Ma gli agricoltori, però, rischiano di non uscirne vivi. Così, ormai da settimane, l’Europa è in fiamme. I coltivatori tedeschi hanno invaso le autostrade, quelli francesi hanno scaricato letame davanti ai Municipi e hanno allestito blocchi stradali. I rumeni hanno cinto d’assedio Bucarest. I polacchi sono infuriati e dopo aver sospeso il blocco delle frontiere con Kiev adesso si ritrovano in strada a protestare. Ora tocca anche agli agricoltori italiani. Il fronte più caldo è in Sicilia, dove decine e decine di trattori hanno invaso la strada Palermo-Sciacca formando un lungo corteo. Manifestazioni si sono registrate anche nel Lazio, in Umbria e in Abruzzo.
Le richieste sono semplici e rappresentano una critica totale al Green Deal e agli obiettivi ideologici dell’Ue. Stop alla carne sintetica, no agli impianti fotovoltaici sui terreni agricoli, basta aumenti delle materie prime, fine dei rincari sui carburanti. E ancora: moratoria totale sulle farine di insetti e no all’obbligo di lasciare incolto il 4% dei terreni superiori a dieci ettari imposto proprio dall’Ue. Le ragioni dei manifestanti siciliani e italiani sono le stesse dei loro colleghi agricoltori in rivolta in tutta Europa.
Von der Leyen è intervenuta anche perché teme che il suo non indimenticabile mandato alla guida della Commissione Ue possa definitivamente terminare tra le proteste di tutta l’Europa. Del resto, tra qualche mese si vota. Ha pronunciato belle parole e ha promesso una soluzione. Affidata a un tavolo di confronto. E lo ha fatto incontrando alcuni esponenti dell’agricoltura europea. Ma la tensione non si placa. Anche perché la politica, che non sa pensare ad altro che ai sondaggi, ha già fatto passare in secondo piano le richieste di un intero comparto. Il problema non è che l’agricoltura europea manifesta contro le norme che rischiano di bloccarla. Ma che i movimenti sovranisti ed euroscettici potrebbero approfittarne lucrando consensi. Insomma, il solito approccio superficiale e demonizzatore per far sfiatare le polemiche e buttarla in caciara. E per bollare la rivolta degli agricoltori come una specie di golpe più o meno sotterraneo.
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