Editoriale

Adolescence, chi sono i nostri figli?

di Adolfo Spezzaferro -


No, non vi parlo di Adolescence perché sono traumatizzato visto che ho due figli adolescenti. No, non voglio parlarvi di questa serie-evento perché a livello tecnico è un capolavoro. No, non vorrei angosciarvi con tutto quello che mi ha smosso a livello interiore, da genitore ovviamente, ma anche da ultra 50 enne che forse non capisce più la società di oggi. Vi parlo di questi quattro piani sequenza da un’ora l’uno (una roba difficilissima da realizzare) che ci conducono per mano, anche e sovente strattonandoci, nell’abisso dell’adolescenza in quel del Regno Unito, non solo perché tutti gli attori sono bravissimi, la regia e il montaggio pazzeschi e via elencando quello che avete letto e sentito ovunque in queste settimane, ma perché abbiamo bisogno della catarsi. La miniserie che racconta la vicenda di un ragazzino di 13 anni accusato dell’omicidio di una coetanea e compagna di scuola è la più vista al mondo su Netflix. Un successo meritatissimo. Così come è impellente e impossibile da evitare il bisogno di parlarne: non è solo per liberarci o per condividere questa sequenza di quattro cazzotti nello stomaco, ma perché l’allarme c’è, a sirene spiegate. Siamo genitori che non conoscono i loro figli, per certi versi. Nessuno augura a nessuno di ritrovarsi un Jamie in casa – anche se il fatto che la sorella sia un personaggio super positivo, sano e forte dà speranza: uno su due può uscire bene – ma quello che ci tocca sopportare nella visione della serie apre una serie di interrogativi tutt’altro che banali o prescindibili. Che ne sappiamo di come i nostri figli vengono trattati a scuola, o sui social? Che ne sappiamo del fatto che al centro della vicenda di Adolescence c’è l’assioma per cui l’80 per cento delle ragazze si interessa solo al 20 per cento dei ragazzi e il protagonista si sente brutto, anzi il più brutto (e non lo è affatto), e quindi si sente tagliato fuori? Quello che vediamo sullo schermo ci sembra lontano perché non avviene sotto casa nostra, ma è la società occidentale: è solo questione di tempo, arriverà pure da noi. Siamo bravissimi a importare il peggio dell’anglosfera, succederà pure stavolta. La famiglia è la chiave: genitori presenti, fermi sui loro principi, interessati a educare i propri figli, per dotarli della giusta corazza per quello che c’è fuori casa. E mai dare il cattivo esempio: può diventare pessima azione.


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