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Abodi tumula la Nazionale e accusa tutti: “Nessuno si prende la responsabilità?”

di Giovanni Vasso -


“Una resa morale”, il ministro dello Sport Andrea Abodi tumula la Nazionale di Luciano Spalletti. Gli azzurri, dopo il flop totale contro la Svizzera, sono rientrati nell’indifferenza generale dei tifosi. La reazione peggiore che ci si potesse aspettare. Segnale di un disinnamoramento definitivo tra gli italiani e la rappresentativa azzurra. A tutto vantaggio dei club, ma questa è un’altra storia. Una tegola pesante per la Federazione presieduta da Gabriele Gravina che, ieri, ha deciso di anticipare a novembre la convocazione dell’assemblea elettiva degli organi dirigenti di via Allegri. Le parole del ministro Andrea Abodi, pronunciate durante un’intervista a Rtl 102.5, entrano di diritto nel grande gioco della politica del pallone. Che è in fermento tra chi invoca un repulisti totale, in pieno stile Tavecchio-Prandelli dopo gli sciagurati (e ultimi disputati) mondiali in Brasile nel 2014 e chi, come lo stesso Gravina e il citti Spalletti si inchiodano alle loro poltrone e responsabilità. Abodi ha utilizzato parole dure che non sembrano ammettere repliche: “Ero a Berlino e ho vissuto in presa diretta l’amarezza non di una sconfitta, perché lo sport insegna a perdere, ma l’amarezza di una disfatta. Una resa morale”. Il massimo dell’ignominia per uno sportivo. E Abodi, che è uomo di sport, non usa le parole a caso: “Non c’è stata reazione – ha detto Abodi -, non c’è stato il lampo di quelli che si vedono soprattutto nei momenti difficili. I giocatori non sono stati in grado di tirar fuori la forza morale che la maglia azzurra deve saper ispirare”. Di fronte a una Caporetto sportiva così tremenda per la Nazionale italiana, sussurra Abodi, ci si sarebbe attesi un’assunzione di responsabilità vera. Oltre le parole a favor di telecamere, oltre le iperboli della retorica che condanna tutti assolvendo se stessi. Abodi è deluso (soprattutto) da questo: “Quello che mi ha sorpreso è stata la ricerca di responsabilità altrui. Di fronte a una sconfitta, il primo fattore che deve emergere è l’autoanalisi, l’autocritica. E da qui bisognerebbe ripartire. È troppo facile guardare alle responsabilità o agli eventuali errori degli altri. Ancora una volta lo sport insegna ad assumersi le responsabilità direttamente”. Cosa che, al di là delle parole, non sembra essere davvero avvenuta. L’Italia calcistica è all’anno zero. E lo è da dieci anni, dopo quel clamoroso flop in Brasile. L’Europeo vinto in Inghilterra da underdog, da sorpresa, un po’ come accadde alla Grecia favolosa (e ipercatenacciara) di Otto Rehhagel non lenisce lo sconforto. E i tifosi non vanno all’aeroporto ad accogliere gli azzurri nemmeno per tempestarli di pomodori, come accadde giusto cinquant’anni fa al mondiale di Germania ’74.


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