Esteri

A tutta guerra

di Edoardo Sirignano -


di DOMENICO PECILE

L’Europa di oggi, in attesa delle elezioni del 2024 e degli auspici di Meloni (che intanto invia a Vox i complimenti per il boom elettorale in Spagna) e del governo di un successo del centrodestra che potrebbe stravolgere anche la politica estera dell’Ue, è quella riunita in Moldavia, nel castello Mimi nelle campagne di Bulboaca, per il secondo summit della European Political community (Epc), il format nato lo scorso anno per volere del presidente francese Emmanuel Macron e che riunisce sia Paesi dell’Unione che extra Ue. Un vertice che ha ribadito l’incondizionato, ferreo appoggio a Kiev o, come ha affermato testualmente il premier Meloni, un sostegno “a 360 gradi e finché sarà necessario”, dell’Italia all’Ucraina, manifestato sia in pubblico che direttamente al presidente Volodomyr Zelensky, arrivato in presenza in quest’area a pochi passi dalla guerra che infiamma il suo Pese e che in queste ore sta vivendo l’ennesima escalation.

Per il premierà l’Italia rimane una delle nazioni in prima fila in questa battaglia a favore di Kiev, “chiaramente insieme ai nostri alleati, valutando insieme che cosa si debba fare per aiutare gli ucraini e per trovare una soluzione alla guerra, senza però che questo percorso passai sopra la testa degli ucraini. Gli ucraini con la loro resistenza, ha infatti sottolineato ancora il premier, “difendono anche la nostra sicurezza”. Insomma, un appuntamento, quello di ieri, che ha più di un valore simbolico nei confronti di Mosca dato che ha visto la presenza dei leader di oltre 40 Paesi, compresi ovviamente i vertici di Bruxelles: c’erano, infatti, praticamente tutti, anche se a pesare sono state alcune assenze come quella del neo eletto presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdogan. Dunque, passa la linea intransigente della Nato non disponibile a fare alcuno sconto a Putin e che al momento non trova alcun tipo di resistenza o dissapore. Il presidente del Consiglio ha poi ribadito il suo appoggio al percorso di adesione all’Unione europea, che lei ha però preferito chiamare “ricongiungimento” di Paesi come Georgia, Balcani occidentali e, soprattutto, le stesse Moldavia e Ucraina che godono dello status di candidato dal 2020 e che vogliono fortemente sottrarsi alle micce e all’influenza del Cremlino.

Meloni ha tuttavia mantenuto una posizione più vaga, invece, sulla richiesta di Kiev di rientrare al più presto sotto l’ombrello della Nato. “Noi siamo sostenitori della politica delle porte aperte – ha rimarcato – ma questo sarà oggetto di un altro vertice che è quello di Vilnius, che è molto particolare e molto importante anch’esso ed è nel mese di luglio e quindi siamo abbastanza vicino”. E poco dopo, incontrando i cronisti, lo stesso premier ha sottolineato “l’importanza dell’evento”. “Non esiste – ha argomentato – una Europa di serie A e una di serie B. Come diceva Giovanni Paolo II dobbiamo respirare con due polmoni, quello occidentale e quello orientale. Il vertice di oggi significa una vera apertura a quelle nazioni che europee sono ed europee vogliono essere a 360 gradi. Ucraina, Moldavia, Georgia, Balcani occidentali”, ha ribadito tenendo dunque a sottolineare che in tutti questi casi si tratta “non di ingresso ma di un ricongiungimento all’Ue, che l’Italia e il governo in primis sostengono. E tornando alla difesa senza se e senza ma di Kiev, il premier ha aggiunto che “siamo qui per ricordare che non permetteremo di mettere in discussione i principi di libertà e uguaglianza” su cui si fonda la civiltà europea: quei valori che “chi vuole riportarci agli anni più difficili del secolo scorso ha pensato di distruggere. Se l’Europa è il nostro destino, se davanti alla crisi che stiamo affrontando vinciamo o perdiamo assieme, è insieme che dobbiamo trovare la soluzione della crisi”. E per Meloni crisi significa sicurezza del nostro continente, crisi energetica, le fonti, “la capacità che abbiamo di controllare il nostro futuro; crisi come la connettività che è un modo per avvicinarci l’uno all’altro e di diventare tutti assieme più forti, e crisi o problemi come quelli che la geopolitica ci pone di fronte”.

Meloni ha anche voluto anche significare che “siamo qui prima di tutto che l’Europa non è un club, non è soltanto regole e non è soltanto interessi. Valori da cui – ha continuato – dipendono anche idee come la solidarietà, la sussidiarietà, lo stato di diritto. Siamo qui ore ricordare che non permetteremo che quei principi vengano distrutti da chi pensa di poterci riportare agli anni più difficili dello scorso secolo”. Non soltanto Ucraina, per Meloni, ma anche l’emergenza immigrazione, tema particolarmente caro al suo governo. Il premier vi ha fatto cenno durante il suo intervento in sessione plenaria quando ha spiegato che per fronteggiare l’immigrazione clandestina è necessario aiutare i Paesi africani che non devono essere vittime della “narrativa del West and the rest”. Ma di migranti, e in particolare della situazione in Tunisia. Il suo principale interlocutore su questa questione è stato il premier olandese, Mark Rutte. Secondo cui “è molto importante per i Paesi bassi”.


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