A SINISTRA È ALLARME ROSSO
Tommaso Cerno
Allarme rosso. Non solo la sinistra ha fatto una delle più brutte figure della sua storia recente, ma Enrico Letta, segretario uscente del Pd, è riuscito a dire anche stavolta che in fondo i dem sono andati bene. Perché ormai la vittoria è una parola uscita dal dizionario di quello che doveva essere il partito maggioritario dei progressisti italiani. Perdere è dato per scontato. Perdere meno dei 5 Stelle, che anche mia nonna in carriola sa che alle amministrative non vanno mai bene, diventa un punto di merito. Muovetevi a fare le primarie perché davvero non se ne può più. Che dire di Giorgia Meloni? Ha vinto da qualunque parte la guardi. Ha vinto il suo partito che nel Lazio sfonda il 30% e in Lombardia va molto alto. Ha vinto senza far imbestialire i due alleati, con la Lega di Salvini in ripresa e Berlusconi che tiene. Ha vinto perché il suo elettorato ha capito che il governo non ha detto bugie in campagna elettorale, ma è diventato qualcosa che si proietta sulla responsabilità. Alla sinistra non piace, ci mancherebbe altro. Ma evidentemente a chi vota a destra va bene così. Quando il Pd ricomincerà a occuparsi dei suoi di elettori, sarà sempre ora. Perché finito Sanremo, adesso canta davvero la premier. E ci vorrà un anno per avere un altro palcoscenico dove l’impressione sarà che l’Italia è quella che piace a Letta. Piacerà a lui, può piacere a tante persone. Ma queste persone guardano Sanremo e poi votano a destra. Io non sento pronunciare nemmeno una domanda che cerca di avere come risposta una spiegazione logica a quello che ormai è diventato quasi un tormentone. La sinistra non vince più. Nel Lazio usciva da dieci anni di governo Zingaretti. Il suo assessore alla Sanità, celebrato da tutte le televisioni come il genio del Covid, ha fatto flop. Ha fatto flop l’alleanza con i 5 Stelle in Lombardia. E se non bastassero due flop, c’è pure il terzo. Letizia Moratti con la sua lista civica che prometteva di essere la rivelazione della politica italiana dei prossimi decenni, alleata con Renzi e Calenda, prende meno voti di Attilio Fontana, considerato da tutti erroneamente il punto debole della coalizione lombarda. Non esiste un almanacco per far vincere la sinistra. Ma esiste il buon senso di assumersi tutta la dimensione di questa sconfitta. E di non girare per le televisioni a spiegare che una coalizione che ha governato questo Paese negli ultimi 10 anni aveva come obiettivo prendere più voti di Giuseppe Conte. Dei 5 Stelle. O di chi so io.
È l’Europa, lo scenario di impoverimento complessivo, la guerra in Ucraina, che hanno mutato ancora di più la condizione della politica italiana. Distribuendo fra gli elettori delle fasce che si sentono dimenticate e fuori dalla possibilità di incidere la sensazione che il voto non serva. Che le dinamiche che hanno prodotto un peggioramento della vita quotidiana derivino da forze più grandi di noi. Derivino da meccanismi dell’economia occidentale che non riescono a redistribuire più la ricchezza. Dipendano da una struttura di poteri più grandi di quelli degli Stati che non trovano a livello internazionale la giusta coesione. L’Europa è stata unita finché era ricca, questo ripetono le persone in giro per le strade. Ma appena il problema riguardava qualcuno dei suoi componenti l’Europa è andata in ordine sparso. Mai come oggi. Pensare che l’Italia sia isolata, questo dice la gente normale, è ridicolo. Perché essere isolati da qualcuno presuppone che quel qualcuno sia unito mentre l’Europa che tutti vediamo non ha più nulla da dare, ma molto ancora da chiederci. E questo renderà l’anno del governo difficile. Ma sarà anche molto difficile per la sinistra costruire una credibile alternativa che convinca milioni di italiani delusi che c’è un futuro diverso da quello che sembra già scritto da qualcun altro.
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