A Roma l’inchiesta dossieraggio dopo lo scontro tra toghe
Dossieraggio alla Dna: una storia iniziata sei anni fa, ancora intricata e avvolta dal mistero, ha registrato un altro passaggio con la decisione dei giudici del tribunale del Riesame di Perugia che, sciogliendo la riserva, hanno disposto come già deciso dal Gip nel dicembre scorso la trasmissione degli atti a Roma dell’inchiesta sulla divulgazione di informazioni riservate e sugli accessi abusivi ai sistemi informatici in uso alle forze dell’ordine e alla banca dati della Direzione nazionale antimafia, che vede indagati l’ex sostituto procuratore della Direzione Nazionale Antimafia Antonio Laudati (è in pensione dall’aprile scorso) e il luogotenente della Guardia di Finanza Pasquale Striano.
Per entrambi il tribunale ha rigettato l’appello proposto dalla Procura che aveva chiesto la misura cautelare degli arresti domiciliari. Non assolvendo, quindi, la richiesta fatta dal procuratore Raffaele Cantone, “ha escluso la sussistenza delle esigenze cautelari relative al pericolo di inquinamento probatorio, rigettando le argomentazioni espresse nell’appello del pubblico ministero”, hanno spiegato gli avvocati di Laudati, Andrea e Maria Elena Castaldo, e ritenendo “inesistente il requisito della urgenza” sia in virtù del pensionamento di Laudati nonché per “l’assenza di condotte potenzialmente manipolative del quadro probatorio”. I legali si dicono pure fiduciosi sulla “piena legittimità dell’operato di Laudati” convinti “che le ulteriori fasi del procedimento consentiranno di chiarire tutti gli aspetti della vicenda”. Che però si trascina, dopo un enorme clamore mediatico ed una polemica politica sempre più arroventata, dall’estate 2023 in cui nacque dopo la denuncia del ministro della Difesa Guido Crosetto circa quanto apparso sui di lui sul quotidiano Domani.
Vip da Allegri a Fedez, ministri e politici, 230mila documenti scaricati da Striano, in un’occasione 10mila file in un giorno. Una mole di informazioni riservate che travalica anche l’imbuto del canale che trasferiva queste notizie al quotidiano di De Benedetti (sono indagati tre giornalisti) o qualsiasi altro giornale e che ha configurato ampiamente la classificazione di “dossieraggio” più volte attribuita a questa vicenda. Cantone parò in Parlamento, nel corso di un’audizione in Commissione antimafia, di un verminaio”. Il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo raccontò di uno stress test dall’esito sconfortante, effettuato nel luglio 2022 sul sistema e che aveva evidenziato vulnerabilità e il rischio di compromettere l’integrità, la confidenzialità e la disponibilità dei dati. E individuò, tra i nodi da districare, quello del “sistema di relazioni” di Striano, che non aveva potuto fare tutto da solo.
Un mercato di informazioni riservate che – lo hanno evidenziato altre più recenti ed ampie vicende giudiziarie – come quella di Milano sulla rete allestita da Equalize che coinvolgeva anche appartenenti alle forze di polizia, arrivata a lambire poteri forti interni ed esterni al nostro Paese, dall’Eni ai Servizi segreti stranieri – lavora alle spalle della normale organizzazione del nostro Paese negli apparati istituzionali e imprenditoriali per controllarli e condizionarli.
Un groviglio accentuato da scontri affilati tra magistrati, anche tra quelli – Raffaele Cantone e Federico Cafiero de Raho – che un tempo furono sullo stesso fronte di contrasto alle mafie. Il primo aveva presentato al Riesame una serie di documenti dai quali emergerebbe che già nel 2020 la Procura nazionale antimafia retta da de Raho (oggi deputato 5Stelle e vicepresidente della Commissione Antimafia) sarebbe stata informata del comportamento anomalo di Striano. Con l’attuale parlamentare candidato da Giuseppe Conte ed eletto nel 2022 a negare di aver mai ricevuto qualsivoglia segnalazione del genere dal suo aggiunto Giovanni Russo. Una storia che è già un grande buco nero, come lo fu per decenni la lunghissima stagione delle stragi e dei misteri di Stato.
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