A Roma le opere di Caravaggio, la potenza del chiaroscuro
A Roma è approdata la mostra evento su Caravaggio presso Palazzo Barberini. L’atmosfera delle sale e le luci sapientemente dosate catturano il visitatore che si immerge immediatamente nelle tele dell’artista. Opere dipinte con contrasti unici e riconoscibili, così come riportato da Giovanni Pietro Bellori nell’opera Le vite de pittori, scultori et architetti moderni: “Ma il Caravaggio… facevano ogni giorno più noto per lo colorito che egli andava introducendo. Non come prima dolce e con poche tinte, ma tutto risentito di scuri gagliardi, servendosi assai del nero per dar rilievo alli corpi”. Subito si viene accolti dall’autoritratto dell’artista in veste di Bacco: il volto appare insalubre e pallido tanto da far pensare che il dipinto possa risalire al periodo del ricovero del pittore presso l’Ospedale della Consolazione di Roma. Ma ciò che attrae nella sala, inesorabile, è Narciso. Riconosciuta come opera del pittore dal suo più grande studioso, Roberto Longhi, è assolutamente particolare. Caravaggio cancella il paesaggio e si concentra unicamente sul personaggio. La parte inferiore è speculare a quella superiore per ottenere l’immagine della figura riflessa nell’acqua. La luce proviene da sinistra e ciò crea profondità ed un effetto tridimensionale. Così come il contrasto chiaro scuro. Il ginocchio nudo accentra l’attenzione in un dipinto diviso esattamente a metà. Scene di vita reale appaiono, invece, nel quadro Buona Ventura dove una zingara legge la mano ad un ignaro giovane con l’intento di sfilargli un anello e nel dipinto I Bari, dove due truffatori cercano di ingannare un uomo nel gioco delle carte. Entrando nella sala successiva possiamo spalancare i nostri occhi davanti al quadro di Giuditta e Oloferne. La scena sembra avvenire nel momento stesso in cui guardiamo. Ne sono esempi lo stupore dell’ancella che attende la testa del generale assiro, la sciabola che trancia la testa di Oloferne, il quale è colto nel tentativo di alzarsi, lo sguardo della sua assassina che compie il gesto con risolutezza nell’interesse del suo popolo oppresso dall’invasore. La stessa crudeltà la troviamo poi nella Flagellazione di Cristo; semplice, diretto e senza fronzoli invece il San Francesco in meditazione. Il santo in ginocchio, tra le mani un teschio ed accanto una modesta croce di legno. Il paesaggio inesistente mira a far concentrare lo sguardo sulla figura di Francesco. Nel 1606 la vita del pittore cambiò per sempre. Durante una partita di pallacorda, infatti, uccise Ranuccio Tomassoni. Fu perciò costretto a lasciare Roma e probabilmente si può datare in questo periodo la sua opera David e Golia, dove Golia ha le fattezze dello stesso Caravaggio, quasi sicuramente come gesto di espiazione per quanto accaduto. Vero protagonista della mostra però è l’Ecce Homo ritrovato nel 2021 ad un’asta di antiquariato a Madrid, dove venne venduto a 1500 euro e solo successivamente attribuito a Caravaggio. Nel dipinto in questione Gesù emerge in tutta la sua luce, Pilato e il suo sgherro invece rabbuiati dalla loro cattiveria. Per ottenere il perdono per il delitto commesso, Caravaggio ha bisogno dell’indulgenza papale e così si reca a Malta per cercare di entrare a far parte dell’Ordine dei Cavalieri di Malta, riuscendoci. Da qui il ritratto di un membro non meglio identificato dell’Ordine che troviamo sul finire della mostra. Altra storia quella della raffigurazione di Maffeo Barberini, futuro Papa Urbano VIII, ha una forza dirompente. Il luogo ritratto è essenziale, una poltrona dove siede Maffeo Barberini, in una mano stringe una lettera, con l’altra sembra invece impartire un ordine a qualcuno. È un uomo seduto su una sedia, ma in realtà ne percepiamo il movimento. Dipinto anche il dettaglio del suo leggero strabismo. Accanto ad esso vi è un secondo ritratto sempre del futuro Papa, attribuito recentemente a Caravaggio che mostra similitudini e discordanze evidenti con il primo. La mostra ci avvolge e ci lascia nel mistero così come dal mistero è avvolta la morte dell’artista. Una vita, la sua, sicuramente fatta di luci e ombre, così come le sue opere.
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