A conti fatti – Il reddito universale come piace ai nababbi
Com’è umano, lei. Sam Altman, fondatore di OpenAi, s’è reso protagonista della “più grande sperimentazione” relativa al reddito universale. Investendo 45 milioni di dollari, di cui – pare – almeno 14 dai suoi conti -, Altman ha voluto dimostrare che le persone a cui venivano offerti mille dollari al mese utilizzavano quei soldi per spese necessarie, dalla salute (che in America è al limite del proibitivo) al cibo e che ne facevano beneficenza. In pratica, stando a quanto si legge sui siti che entusiasti hanno ripreso le notizie rilasciate dalla stessa OpenAi, se alle persone dai soldi, queste diventano migliori. Tutto bellissimo. O forse no? Il trucco c’è. Ma, chiaramente, non si vede. OpenAi utilizza la retorica del reddito universale per una duplice ragione: da un lato per non far preoccupare le grandi masse che temono di perdere lavoro e soldi dall’applicazione sistematica dell’Ai; dall’altro per rendere ancora più forte la narrazione inesorabile della sua creatura che dovrebbe rivoluzionare, per sempre, la nostra vita. Reddito universale, certo. Ma i soldi, quelli veri, li faranno i nababbi della Silicon Valley.
La crisi ha cambiato, profondamente, le abitudini dei consumatori americani. Ce lo spiegano così il clamoroso flop di vendite e ricavi delle multinazionali del fast food di ogni forma e colore, da McDonald’s fino a Starbucks. La verità è dentro le leggi immutabili che trovereste in ogni bignamino di economia. A furia di alzare i prezzi, i clienti vanno via. E, a parità di condizioni, scelgono – piuttosto che sbocconcellare hamburger in macchina – sedersi al ristorante. Insomma, a furia di rialzare i prezzi, si sono ritrovati con il cerino in mano. Prima degli altri, a comprenderlo, è stata proprio McDonald’s che negli Usa ha lanciato il menu a 5 dollari. Riuscendo, così, a tamponare il calo delle vendite nel semestre allo 0,7%.
Fermi tutti. Sta per arrivare il biopic sulla vita di Britney Spears. Ne ha dato l’annuncio l’ex reginetta del pop. Il film, che sarà prodotto da Marc Platt e girato dal regista Jon M. Chu, sarà basato sul suo libro “The Woman in Me”, un successo da 2,5 milioni di copie vendute solo negli Stati Uniti. I diritti se li è accaparrati la Universal che ha battuto la concorrenza di Disney, Warner e della Plan B di Margot Robbie. Insomma, si prospetta l’ennesimo crac al botteghino sull’onda lunga di Bohemian Rapsody su Freddie Mercury (910 milioni) e può stracciare The Eras Tour di Taylor Swift (250 milioni).
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