La riforma fiscale di Giorgia: “Stato amico non si inganna”
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni durante il convegno sulla riforma fiscale allinterno dellaula dei gruppi parlamentari. Roma 13 marzo 2024. ANSA/MASSIMO PERCOSSI
Non saranno quella cosa bellissima propagandata dalla buon’anima dell’ex ministro Tommaso Padoa Schioppa ma le tasse rimangono una responsabilità che incombe in capo a ogni buon cittadino. A cui il Fisco, adesso, vuol mostrare un volto amico. La scommessa del governo guidato da Giorgia Meloni è tutta qui: in una riforma fiscale attesa da mezzo secolo. Ed è proprio la premier a rivendicarlo: “Uno Stato giusto, comprensivo e disponibile non viene più percepito come un avversario, o a volte addirittura come un nemico, e di conseguenza non merita di essere aggirato”. È questa l’architrave, anzi la “scommessa culturale” su cui punta fortissimo Giorgia Meloni per scrivere “una riforma attesa da cinquant’anni”. Una riforma di cui, ieri, si è parlato alla Camera dei deputati. Con una premessa, da parte della premier: “Accoglieremo gli spunti della politica e degli addetti ai lavori ma lasciatemi dire che sono fiera del fatto che questo sia il governo che affronta una riforma che per cinquant’anni è stata messa in un cassetto perché troppo complessa da affrontare”.
Una complessità che è figlia delle numerose criticità che, ormai da tempo, emergono nel rapporto tra cittadini e Fisco. Un tema caldissimo che ha segnato gli ultimi tre decenni (almeno) del dibattito politico nazionale. Meloni ha rivendicato la volontà di allineare l’Italia “ai principali standard europei” e di volerlo fare “consegnando ai cittadini un fisco più equo e responsabile”. La premier Giorgia Meloni per descrivere la riforma fiscale che s’appresta a portare al vaglio del parlamento, cita il codice civile ed evoca il buon padre di famiglia per spiegare che la riforma è stata scritta nel segno di “buon senso e lungimiranza senza sprecare risorse”. Lo Stato, afferma la presidente del consiglio, “deve chiedere il giusto”. Ciò perché: “Affrontiamo un momento storico particolarmente complesso a livello internazionale ma le crisi possono anche diventare un’occasione”. La riforma fiscale “è una delle prime materie affrontate da questo governo, con l’obiettivo di disegnare una nuova Italia, la rivendico come le prime fatte dal governo con l’obiettivo di disegnare una nuova idea di Paese”. Insomma, Meloni gonfia il petto d’orgoglio per “aver dato seguito a un preciso impegno coi cittadini, scritto nel programma”. La riforma, che supera l’era degli “interventi spot” deplorati dalla presidente, ha promesso la premier “non è solo un ammasso di regole, ma uno dei perni attorno ai quali ruota il tessuto economico della nazione, uno degli strumenti attraverso i quali lo Stato può prosperare, mettendo le aziende nelle condizioni migliori per produrre ricchezza: una riforma strutturale potrà servire a raggiungere l’obiettivo di una riduzione generalizzata della pressione fiscale”. L’obiettivo, dunque, è duplice: da un lato, razionalizzare il sistema e ampliare le entrate dell’Erario mostrando il volto “buono” del Fisco. Dall’altro, ferma restando la lotta senza quartiere all’evasione che Meloni rivendica snocciolando numeri e cifre, diminuire il peso delle tasse ampliando la base di chi, uscendo dal sommerso, deciderà di sanare la sua posizione con il Fisco. Per parafrasando uno slogan che era di moda qualche decennio fa in ambienti politici molto differenti rispetto a quelli frequentati da Meloni: pagare tutti, pagare meno. Per farlo, però, occorrerà mettere mano anche alle sanzioni. Che la premier ha bollato come “sproporzionate, illogiche e vessatorie”, in definitiva “inutili”. Con la riforma, il governo porterà il Fisco italiano ai livelli Ue investendo sul dialogo con il contribuente, oggi invece visto sotto l’occhio ultra-severo e giustizialista. Meloni, quindi, punta sulla responsabilità. “Non abbiamo amici a cui fare favori, non aiutiamo i furbi, ma solo gli italiani onesti che pagano le tasse. E anche gli italiani onesti che si trovano in difficoltà meritano di essere aiutati e messi in condizione di pagare ciò che devono. Non penso e non dirò mai che le tasse sono una cosa bellissima, sono bellissime le libere donazioni e non i prelievi imposti per legge. C’è una grande responsabilità nel gestire quelle risorse che non possono essere usate in modo irresponsabile per garantirsi facile consenso immediato e lasciare chi viene dopo a ripagare quella irresponsabilità”.
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