Economia

La Bce non taglia i tassi, crollo Pil. Lagarde apre a giugno

di Giovanni Vasso -

epa11183132 European Central Bank (ECB) President Christine Lagarde speaks during a debate on ‚European Central Bank – annual report 2023' at the European Parliament in Strasbourg, France, 26 February 2024. The European Parliament's session runs from 26 until 29 February 2024. EPA/RONALD WITTEK


Piove sul bagnato: la Bce conferma, per la quarta volta di fila, i tassi al 4,50%. Per l’Europa adesso è notte fonda. La scelta dell’Eurotower era stata ampiamente anticipata dagli analisti che, nelle ore immediatamente precedenti all’ufficializzazione dello status quo sul costo del denaro, avevano fatto la corsa a smontare l’entusiasmo dei mercati. Che, da parte loro, dopo aver avuto una settimana a dir poco frizzante (con Milano sugli scudi), hanno passato un giovedì magrissimo e quasi spento.
Hanno vinto ancora i falchi, dunque. E il comunicato diramato dalla Bce è stato lo stesso, la fotocopia, di quelli che ormai da mesi piovono da Francoforte: “Il Consiglio ritiene che i tassi di interesse di riferimento si collochino su livelli che, mantenuti per un periodo sufficientemente lungo, forniranno un contributo sostanziale al conseguimento di tale obiettivo”. Il bastone, dunque, che, come al solito, non s’accompagna nemmeno all’ormai frustra carota della speranza: “Le decisioni future assicureranno che i tassi di riferimento siano fissati su livelli sufficientemente restrittivi finché necessario”. I dati, che Lagarde e soci ribadiscono essere centrali per le decisioni, parlano di un doppio crollo. Quello dell’inflazione, scesa, su scala Ue, al 2,3% per il 2024. Non abbastanza, per gli economisti Ue che invece puntano alla soglia, ormai ideologica, del 2%. E poi c’è il dato della crescita, praticamente nulla, al limite della recessione. La Bce rivede al ribasso le stime del Pil: crescerà solo dello 0,6%. Non abbastanza per convincere i falchi dell’Eurotower a dare respiro all’asfissiata economia europea che, con la Germania in testa, vive una fase che definire pericolosa è un eufemismo. Eppure, tutto sta andando proprio come era nei piani della Bce: “I consumatori frenano le spese – ha detto Christine Lagarde -, l’inflazione si è moderata e le imprese esportano meno, a riflesso di un rallentamento della domanda esterna e di una perdita di competitività”. Tranne che per un aspetto: “Anche se molti degli indicatori di inflazione sono ulteriormente rallentati, restano pressioni inflazionistiche interne, specialmente la crescita dei salari”. Sì, avete letto bene. Per Lagarde gli stipendi che salgono rappresentano una iattura. Che complica le prospettive per tutti. E “arma” il rigore della politica monetaria su cui la banca centrale europea continua a intestardirsi. La governatrice però chiede fiducia: “Le indagini indicano una graduale ripresa nel corso di quest’anno, mentre l’inflazione cala e i salari continuano a salire i redditi reali dovrebbero rimbalzare, e sostenere la crescita, mentre l’effetto deprimente dei passati rialzi dei tassi dovrebbe gradualmente attenuarsi”.
Non si possono dare solo cattive notizie. Specialmente se stiamo vivendo la fase elettorale per le Europee. Christine Lagarde, una lunga vita da politica prima ancora della parentesi da economista, lo sa e perciò lascia aperto uno spiraglio: “Facciamo progressi, siamo fiduciosi ma non lo siamo sufficientemente. Abbiamo bisogno di più dati e prove e sappiamo che questi dati verranno nei prossimi pochi mesi: sapremo un po’ di più ad aprile ma molto di più a giugno”. A domanda diretta, Lagarde spiega: “Abbiamo appena iniziato a discutere di come moderare la politica monetaria. Ma ci servono più informazioni”: Dopo aver ribadito che l’unione dei capitali è “un imperativo” per l’Unione Europea secondo la Bce, Lagarde riferisce di attendere “il rapporto del presidente Mario Draghi sulla competitività”. Non è un mistero che il signor Bazooka sia un fervido sostenitore degli investimenti dal momento che, solo qualche settimana fa, ha ribadito l’urgenza di gettare sul tavolo (almeno) 500 miliardi di euro per non far perdere all’Europa il treno della transizione green e tech. “Non vediamo l’ora di reagire alle sue proposte”, sibila Lagarde. Parole che, in teoria, aprono. Ma che in realtà rivelano, una volta di più, lo scontro tra la Bce a guida tedesca di oggi e quella dei tassi a zero, del “whatever it takes” di ieri. Con la prima che si è impegnata, in maniera meticolosa, a cancellare ogni traccia del lavoro della seconda.


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