Arriva il libro anti-patriarcato di Cecchettin padre
Gino Cecchettin torna in tv e presenta il libro “Cara Giulia” dedicato alla figlia, uccisa l’11 novembre 2023 dall’ex fidanzato Filippo Turetta, nel Veneziano. Un libro, scritto con Marco Franzoso e in uscita oggi, che servirà a finanziare una fondazione, oltre a porsi come obiettivo una campagna di sensibilizzazione sul fenomeno ormai dilagante della violenza contro le donne. Peccato, però, che nel volume, l’ingegnere non citi mai per nome Filippo Turetta, il giovane che a colpi di coltello ha strappato alla vita la povera Giulia. Un dettaglio non da poco che il conduttore Fabio Fazio, durante l’intervista a Che tempo che fa, ha sottoposto a Gino. “Non cito il nome perché ho deciso fin da subito di concentrarmi su Giulia”, ha detto Cecchettin, il quale nell’opera letteraria dialoga idealmente con la figlia uccisa. Eppure, a leggere alcuni passaggi del testo alla luce delle dichiarazioni della famiglia nel corso della vicenda, la scelta di Gino sembra più politica che ideale.
D’altronde non nominare mai Filippo Turetta, l’esecutore materiale del delitto, si inquadra in quella convinzione che l’omicidio vada oltre le responsabilità personali, ma sia il frutto di quella che la sorella Elena ha definito fin dal principio “patriarcato” e “cultura dello stupro”, allargando così le colpe a maschi bianchi italici. Scrive infatti Gino in Cara Giulia: “Mi sono sempre ritenuto una persona del fare e in questo momento mi sto chiedendo quali comportamenti pratici posso mettere in atto non solo per arginare la violenza psicologica, ma anche per riequilibrare i comportamenti quotidiani, il linguaggio, la nostra cultura che è l’humus, il terreno che alimenta certe situazioni di violenza. Credo che oggi al centro della questione si tratti di mettere l’uomo. Siamo noi uomini i primi a dover cambiare”. E ancora: “Credo sia evidente una disparità tra i generi, nelle relazioni, e forse più che cercare di analizzare gli episodi più efferati, quelli violenti, sia importante cercare di comprendere in quale mondo queste azioni estreme si sviluppano e prendono la loro linfa. Da dove nascono, quale ne è l’origine, su che terreno attecchiscono. È da qui che bisogna partire, da una cultura che fa della disparità tra i generi uno dei suoi fondamenti”. Un cambiamento che deve partire da tutti gli uomini, insiste Gino, il quale, invece, una pena esemplare per Filippo Turetta non la invoca mai.
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