INGIUSTIZIA -“Il giornalismo non è un crimine”
di FRANCESCO DA RIVA GRECHI
Il Parlamento europeo ha approvato, nell’ultima settimana di febbraio, con una larga maggioranza, una direttiva che protegge i giornalisti e i difensori dei diritti umani da procedimenti legali abusivi volti a soffocarne la libertà di parola. La Direttiva Anti-SLAPP, sulla protezione delle persone attive come i giornalisti, le ONG e la società civile dalle minaccie che le azioni legali strategiche tese a bloccare la partecipazione pubblica (SLAPP – Strategic Lawsuit Against Public Participation) rivolgono loro, è colloquialmente conosciuta come Legge di Daphne, dal nome della giornalista investigativa maltese Daphne Caruana Galizia che fu assassinata nel 2017 e si trovava ad affrontare oltre 40 cause legali al momento della sua morte. A seguito della votazione in Aula, il relatore Tiemo Wölken (S&D, Germania) ha dichiarato: “Le cause SLAPP sono una minaccia allo Stato di diritto e pregiudicano seriamente i diritti fondamentali alla libertà di espressione, di informazione e di associazione. Sono una forma di molestia legale e un abuso del sistema giudiziario, sempre più utilizzato da individui e organizzazioni potenti per evitare il controllo pubblico. I nostri tribunali non dovrebbero essere strumentalizzati in questo modo per fini personali. Questa direttiva aiuterà a combattere le SLAPP, impedendo alle persone di usare i tribunali per intimidire e dissuadere giornalisti e attivisti dal rendere pubbliche le informazioni, imponendo loro una sorta di autocensura”.
Sul piano dei principi, si tratta evidentemente di un passo avanti quasi epocale. Nell’ambito della cooperazione giudiziaria e dello spazio comune europeo di libertà, sicurezza e giustizia, si agisce per l’eliminazione degli ostacoli al corretto svolgimento dei procedimenti civili con implicazioni transfrontaliere, se necessario promuovendo la compatibilità delle norme di procedura civile applicabili negli Stati membri (art. 81 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea). La protezione UE si applicherà a tutte le cause transfrontaliere, tranne quando sia il convenuto che il ricorrente provengono dallo stesso paese dell’UE in cui si trova il tribunale o quando il caso è rilevante solo per uno Stato membro. Si tratta di uno strumento, (il cui acronimo è simile a “slap” schiaffo in lingua inglese) inventato dai giuristi americani George W. Pring e Penelope Canan, e discusso a seguito della pubblicazione di uno studio sulla Law and Society Review, 22 (1988), che sicuramente non è nelle corde dei giuristi italiani, né giudici, né avvocati e che va ad incidere nella materia che da noi è regolata dal tradizionale istituto della c.d. “lite temeraria”. L’art. 96 del codice di procedura civile, che lo prevede, è stato inoltre di recente riformato, nel 2009 e nel 2022 (c.d. riforma Cartabia) e tratta della “responsabilità aggravata” per coloro che hanno agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave. Vengono in rilievo due importanti criticità derivanti dal trapianto di istituti di matrice nordamericana in Europa: 1. La difficoltà di separare nettamente procedimenti civili e penali; 2. La difficoltà di collocare l’istituto secondo le funzioni ordinariamente attribuite alla responsabilità civile. Difficile infine non pensare ad un caso come quello di Julian Assange.
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