Musica

Metà Chopin, metà Sinatra Lang Lang, il re del piano

di Riccardo Lenzi -


Metà Frank Sinatra e metà Fryderyk Chopin: in questa maniera spiritosa e non banale il critico musicale Paolo Isotta descriveva il pianista Lang Lang, protagonista la sera del 19 febbraio all’auditorium di Santa Cecilia a Roma. Paragone del quale potrà capacitarsi il pubblico, essendo il programma del concerto in buona parte dedicato proprio a Chopin. Perché Frank Sinatra? Lang Lang arriva da Shenyang, dalla Cina nord-orientale e si considera un musicista classico con animo pop, come testimoniano i duetti che ha alternato nella sua carriera con i Metallica, con Pharrell Williams, con il jazzista Herbie Hancock o con alcuni mostri sacri della classica come Daniel Barenboim e Plácido Domingo. Per capire il contesto in cui si è formato, è molto significativo un aneddoto che lo stesso Lang Lang raccontò in una intervista a “L’Espresso”: «Un giorno alcuni produttori discografici cinesi ricevettero il sommo pianista Vladimir Ashkenazy nella loro sala riunioni per discutere di una nuova incisione dei valzer di Chopin. Stavano seduti in silenzio e allora Ashkenazy domandò loro se si poteva cominciare il colloquio. “Non aspettiamo il compositore?”, chiese innocentemente uno dei discografici». Perché in Cina Chopin non è, come in Occidente, cultura del passato. È il presente. Durante la Rivoluzione culturale la gente scaraventava dalla finestra i dischi di Horowitz e Rubinstein e distruggeva gli spartiti. Una volta messi negli archivi della storia gli anni Sessanta e Settanta con le loro ideologie, la classica è diventata poi l’ultima moda e oggi in Cina sessanta milioni di ragazzi studiano la musica d’arte e di questi quaranta il pianoforte. L’alfiere di questo grande ritorno ormai assurto a fenomeno sociale è proprio il pianista Lang Lang. Per non aver dubbi sul suo impatto, basta considerare alcuni dati on line che lo riguardano, come i milioni di follower che lo seguono sui suoi siti e i quattro miliardi di persone che apprezzarono il suo tocco virtuosistico durante la cerimonia di apertura delle Olimpiadi di Pechino. Spesso però si esagera col concetto di naïf, applicandolo alla sua formazione musicale. Si dimentica che nel suo apprendistato è stato forte il legame con la scuola pianistica russa, quando nel nome dell’Internazionale comunista insegnanti sovietici portarono la loro cultura nel suo Paese e istruirono molti dei suoi maestri. Un’ascesa nell’apprendistato che culminò in Occidente con le lezioni di Gary Graffman, uno dei pochi allievi del grande Vladimir Horowitz. «Fu il mio primo insegnante negli Stati Uniti e quello che mi ha portato al Curtis Institute of Music di Filadelfia. Grazie a lui ho potuto conoscere l’arte pianistica di Horowitz. Ma quello che mi ha insegnato va ben oltre il suonare. Mi ha introdotto alla cultura occidentale in generale e a lui devo un approccio più riflessivo nei confronti dell’arte. Ho compreso, gradualmente, che la musica non deve essere ridotta a una mera questione competitiva, come avveniva durante la mia giovinezza». A proposito delle sue capacità d’interprete la critica musicale raccoglie opinioni difformi. Piero Rattalino sottolineava come il fenomeno mediatico esiste perché prima di tutto il cinese è un interprete eccellente. E Paolo Isotta, come detto, vedeva nella sua maniera di esibirsi «un cocktail che contiene al 50 per cento Chopin e al 50 per cento Frank Sinatra». Paragone che ha divertito Lang Lang: «In effetti quando fraseggio una melodia e cerco di “cantare” al pianoforte, ho sempre in mente Chopin. Egli è, probabilmente, il compositore più lirico che abbia mai scritto per questo strumento. E Sinatra è uno dei maggiori cantanti del Ventesimo secolo e il mio amico e mentore, il direttore d’orchestra Nikolaus Harnoncourt, mi insegnò a fraseggiare una linea melodica come avrebbe fatto Sinatra. E, dunque, quando è il momento di eseguire una bella frase musicale, si può dire che guardo a entrambi». In realtà sono tre i grandi pianisti che lo hanno ispirato. Glenn Gould per le sue pionieristiche interpretazioni delle opere di Bach, in particolare le “Variazioni Goldberg”. Vladimir Horowitz con i suoi virtuosismi digitali, visto come un emulo di Franz Liszt. E Arthur Rubinstein, per la sua visione di eleganza e bellezza, soprattutto per quel che riguarda la ricezione dell’arte di Chopin.


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