Gran Giurì archiviato: tanto rumore per le Europee
Tanto rumore per nulla: forse è troppo scomodare Shakespeare per il Gran Giurì invocato da Giuseppi Conte sul caso Mes contro Giorgia Meloni. Ieri il presidente della Camera dei Deputati Lorenzo Fontana ha calato il sipario ringraziando il deputato Giorgio Mulé “per il grande lavoro fatto”. Che, come ha chiosato lo stesso Mulé, “finisce tutto al macero”. Il pomeriggio è stato un susseguirsi di reazioni di segno opposto. Chi ha applaudito, chi ha condannato, chi ha alzato il sopracciglio, chi il braccio nel gesto dell’ombrello. E c’è stato pure chi, come la deputata M5s Vittoria Baldino, a Un Giorno da Pecora ha chiesto la rivincita: “La maggioranza ci deve dire se Meloni ha leso l’onore di un altro deputato dicendo delle falsità per avvalorare una sua tesi infondata. Vorrei che si esprimessero, secondo me ci dovrebbe essere un altro Gran Giurì”. O un Giurin Giurello, tanto a Montecitorio evidentemente non c’è di meglio a cui pensare.
Tanto rumore per nulla, dunque. Anzi no. Per dirla con un’immagine diversa, la fine delle botte a muro. Tutto già scritto, tutto già prevedibile. Anche il botto. Con il quale Conte voleva aprire, di fatto, la sua campagna elettorale verso le Europee. Una battaglia su cui, l’ex avvocato del popolo, punta tutto. Ha candidato Pasquale Tridico, papà del defunto Rdc, al Sud per capitalizzare il malumore di chi ha perduto il sostegno al reddito. Più che a Meloni, Conte punta a colpire per superare Elly Schlein per imporsi quale partito di maggioranza relativa nella coalizione (eventuale) della minoranza. E se Parigi valeva bene una messa, la primazia del centrosinistra val bene un Gran Giurì. Giurello.
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