L’INTERVISTA – Cremaschi (Potere al Popolo): “Santoro vuole riproporre quei meccanismi che hanno portato alla crisi della sinistra radicale”
GIORGIO CREMASCHI POLITICO
“Santoro vuole riproporre quei meccanismi che hanno portato alla crisi della sinistra radicale. Ecco perché la sua lista per la pace non può funzionare. Come Unione Popolare abbiamo posto solo due paletti: stare dalla parte della Palestina e dei Brics”. A dirlo Giorgio Cremaschi, ex leader Fiom e membro dell’esecutivo nazionale di Potere al Popolo.
Gli agricoltori scendono in strada. È arrivato il momento delle forze antisistema?
C’è una mobilitazione crescente senza una vera rappresentanza. Le rivendicazioni degli agricoltori, talvolta, sono contraddittorie: alcune condivisibili e altre meno. Rappresentano, comunque, una sacrosanta rivolta contro un’economia di guerra. L’aumento dei costi per i trattori è dovuto a conflitti e sanzioni. Mentre il settore primario deve lavorare sottocosto, enormi sono i profitti per la grande distribuzione. C’è un problema da non sottovalutare, quello relativo alla distribuzione della ricchezza. L’Ue è un sistema bipartisan che mette insieme politiche di austerità, di guerra e sostegno alle multinazionali.
C’è una forza politica che, allo stato, è in grado di trovare soluzioni a tali criticità?
Stiamo cercando di trovare convergenze, ma tutti parlano solo di europee, pur essendo truccate, dimenticando il resto.
Perché ritiene le europee già decise?
Possiamo parlare di meccanismo truccato per due motivi. Il primo è che per presentarsi alla competizione occorrono circa 170mila firme, non 35mila come ha scritto qualche giornale. Bisogna, poi, raccoglierne 3mila per Regione. In Val d’Aosta o in Molise, in sintesi, bisogna avere dalla propria parte il 20% degli aventi diritto. Unica soluzione per uscire dall’impasse, pertanto, è il mercato dei simboli. C’è, poi, lo sbarramento al 4%, chiaro elemento di esclusione.
Quali saranno le conseguenze?
Alle ultime europee ha votato la metà degli aventi diritto. Solo alcuni partecipano alle scelte, mentre agli altri sono esclusi a priori da un meccanismo errato sin dal principio. Così il cambiamento resta utopia.
Un movimento giovane come Democrazia Sovrana Popolare, intanto, prova a raccogliere le firme…
Ha dichiarato che parteciperà alla competizione, ma non sarà semplice raccogliere le firme. Sarà una mission quasi impossibile.
Come intende muoversi, invece, Potere al Popolo?
Essendo dentro Unione Popolare abbiamo guardato a soggetti che potessero trovarsi sulle nostre posizioni. In tal senso, c’è stata un’apertura di Santoro per costruire una lista unitaria per la pace. Col passare dei giorni, però, ci siamo resi conto che si volevano riproporre quei meccanismi che hanno portato alla crisi della sinistra radicale. Per quanto ci riguarda abbiamo messo un unico paletto: stare della parte della Palestina, del Sudafrica e degli emergenti Brics.
La formazione di Santoro, dunque, rischia di essere il Pd 2.0?
In un’elezione che riguarda le scelte internazionali dell’Europa con Santoro non può esserci accordo. Le poltrone non ci interessano. Non dico che siamo al cospetto del Pd 2.0, ma a parte qualche polemica sulla televisione, non vedo grandi differenze tra il suo movimento e il partito di Schlein. In Itali, al contrario, c’è bisogno di un’alternativa fuori dal sistema. Quelle al suo interno non hanno cambiato nulla. Gli ultimi a farla sono stati i 5 Stelle, che hanno fallito.
Ad opporsi al sistema ci sono anche alcune destre. Siete pronti a sedervi allo stesso banco di Alemanno?
Assolutamente no! La discriminazione antifascista, a nostro parere, è sacrosanta. I pentastellati hanno fallito perché non si sono dichiarati né di destra, né di sinistra. Nel mondo le alternative, invece, sono nette. Le cose intermedie non funzionano. Bisogna decidere se schierarsi con i Brics oppure con l’imperialismo americano. In Italia occorre ricostruire un campo. Tanti vanno nelle piazze senza avere rappresentanza politica. Non ci illudiamo che sia possibile tale operazioni in cinque minuti. Sappiamo tutti che il gioco è truccato e l’enorme passività dell’opinione pubblica, come riferito dal Censis, non aiuta. Detto ciò, non rinunceremo alla mobilitazione, distinguendoci dal teatrino della politica nazionale.
Come?
Non è molto difficile. Al momento, a livello internazionale, non vedo alcuna distinzione tra Schlein e Meloni. La stessa questione Orban è finta. Sono entrambe per l’atlantismo, la politica dell’austerità e la grande finanza.
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