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La politica in ritardo

di Redazione -


di EDOARDO GREBLO e LUCA TADDIO
La prima è che molti fenomeni globali trovano risposte insufficienti all’interno degli Stati nazionali. In secondo luogo, il ritmo del progresso tecnico-scientifico ha subito un’accelerazione senza precedenti: tale ritmo risulta insostenibile per ragioni intrinseche, ossia è ingovernabile in quanto troppo rapido rispetto ai tempi d’organizzazione della politica.

Non è sufficiente un maggior invito alla prudenza o un generico impegno verso questi temi, poiché i nodi sono profondi e riguardano la logica alla base dell’apparato tecnico-scientifico, ossia tutte quelle forze che, direttamente o indirettamente, contribuiscono al suo potenziamento. Per incrementare ogni singola volontà – individuale o collettiva – dobbiamo necessariamente affidarci alla tecnica, contribuendo all’affermazione dell’Apparato in quanto tale: da Heidegger a Severino la filosofia ha da tempo analizzato tale logica intrinseca alla Tecnica.

Se tale potenziamento sfocerà nell’emergere di una “singolarità”, ovvero di una forma di Intelligenza artificiale consapevole non possiamo né escluderlo né darlo per scontato. Quanto ci preme sottolineare è la comprensione critica dell’attuale ritmo di sviluppo: il suo essere globalmente diffuso, l’impossibilità di poterlo rallentare e la sua insostenibilità. Da cosa dipende tale velocità di sviluppo? La tecnologia odierna non deriva unicamente e direttamente dalle nostre azioni, ma viene generata anche dalla stessa tecnologia: si tratta di tecnologia che produce nuova tecnologia.

I computer, grazie all’intelligenza artificiale, interagendo tra loro producono nuove informazioni e nuovo sapere, e per questa ragione il ritmo dello sviluppo e del cambiamento non è più il nostro, bensì quello dell’Apparato. Se l’Apparato può essere assimilato a un sistema o in prospettiva a un organismo (animato dalle nostre azioni) come tale rifletterà la logica di ogni sistema tendendo ad affermarsi e a conservarsi. Le nostre individualità sono parte integrante dell’apparato tecnico-scientifico. Ciò che denominiamo neo-liberismo possiede i medesimi presupposti: assorbe al suo interno le nostre soggettività rendendole computabili, misurabili e sistemiche. Apparato e neoliberismo sono sinergici.

L’apparato tecnico-scientifico si alimenta grazie al nostro agire, basandosi sull’intervento e l’interazione di milioni di individui, che indirettamente fornisco dati e modelli di previsione al sistema economico-finanziario. L’avanzamento e lo sviluppo scientifico, essendo l’esito della sinergia di milioni di soggetti agenti, non può essere conforme alle nostre singole possibilità di apprendere: tutto diventa irrimediabilmente troppo veloce. Troppo veloci rispetto a quelli che sono i nostri ritmi di vita, le nostre capacità di assimilazione, conoscenza e comprensione dei fenomeni. In quest’orizzonte di problemi possiamo ritrovare, se correttamente declinato, l’attualità del pensiero liberale (così come del socialismo liberale) come forma di resistenza al potere.

Il pensiero liberale, infatti, da sempre intende rivendicare una sfera relativa e circoscritta di libertà rispetto al sistema in cui è imperniato e intessuto. Tale prospettiva non risponde ai canoni della piena efficienza: come possiamo pretendere che la “macchina” sia meno efficace? Chi può volere che l’organizzazione della propria vita sia meno performativa? Ciò sembra paradossale, ma è proprio questa paradossalità che dobbiamo mettere in gioco, e che va accolta se vogliamo preservarci dal non diventare una semplice parte funzionale all’incremento dello stesso Apparato.


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